di Fabrizio Gatti
Dalla Regione alle banche. Un terzo della sicurezza affidata a un clan. Dal passato ingombrante e già processato per mafia
Ne hanno fatta di strada i fratelli Buglione di Saviano. Da piccoli raccomandati di provincia a massimi esperti di sicurezza, micro e macrocriminalità. Con la loro rete di agenzie di polizia, proteggono un terzo di Napoli. Sono tanto stimati che, grazie a una gara d'appalto del 2005, i loro vigilantes sono diventati la guardia privata della Regione Campania. Così ha deliberato una commissione della giunta di Antonio Bassolino quando ha dovuto stabilire chi doveva presidiare gli uffici e le sedi del Consiglio regionale. L'annuncio sul 'Bollettino ufficiale' era tanto stringato che solo gli addetti ai lavori se ne sono accorti. Cinque righe per un contratto da 4 milioni e mezzo di euro.

Difendere la Regione a Napoli è come difendere il governatore e i suoi amministratori dalla camorra. Un biglietto da visita di cui vantarsi. I fratelli Buglione conoscono di persona cosa sono la mafia e l'antimafia. Arrestati e processati con l'accusa di associazione mafiosa, quattro anni fa sono stati assolti. 'Per non aver commesso il fatto', ha stabilito il Tribunale di Nola nella sentenza poi confermata in appello. Ma Francesco Soviero, il giudice estensore, nella motivazione usa parole con cui soltanto a Napoli si può fare carriera: "Nel corso del lungo e articolato processo è emerso con certezza che le condotte tenute dagli odierni imputati sono sicuramente censurabili sotto il profilo etico. Invero", aggiunge il Tribunale, "le irregolarità amministrative emerse nel corso dell'istruttoria dibattimentale, i rapporti con noti esponenti della criminalità organizzata, la gestione privata e clientelare della cosa pubblica realizzata per il tramite di un diffuso ricorso alla raccomandazione e ai rapporti privilegiati con esponenti politici e con uomini delle istituzioni, dimostrano che ci troviamo sicuramente di fronte a uomini disonesti e privi di scrupoli".

Forse il governatore Bassolino non è mai stato informato. Ma è anche vero che la memoria partenopea è cortissima. Praticamente nulla. Un esempio? Giovedì 2 novembre scende a Napoli il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e rassicura la città dopo gli ultimi omicidi. Venerdì 3 novembre arriva il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, che raschia l'impossibile dal bilancio della polizia e, seduto accanto a Bassolino, annuncia il Patto per la legalità. Lunedì 6 novembre il Consiglio comunale dovrebbe decidere ulteriori misure. Un problema tra i tanti da discutere? La scuola. A Milano l'88 per cento delle scuole primarie lavora a tempo pieno. A Napoli e in provincia soltanto l'1 per cento: in tutte le altre, i bambini restano a spasso. Ma lunedì sera allo stadio c'è Napoli-Juve. Non si presentano 19 consiglieri della maggioranza e, tranne due, tutta l'opposizione di centrodestra. Manca il numero legale, la seduta non comincia nemmeno. Ha un bell'impegno il sindaco Rosa Russo Iervolino nel sostenere che la città non è come appare.

Lo Stato si mobilita. Napoli se ne fotte. Le forze dell'ordine chiudono i commissariati in città. E gli istituti di vigilanza cresciuti intorno ad Antonio Buglione, 50 anni, e al fratello Carlo, 42, prendono il loro posto. Oltre alla Regione, vigilano ormai sulle Asl, la Ferrovia Circumvesuviana, lo smaltimento dei rifiuti, le banche, i caveau, i furgoni blindati. L'80 per cento del movimento di soldi in Campania dipende da loro. E un terzo del mercato napoletano della sicurezza è sempre loro: pattuglie stradali, industrie, negozi, portinerie. Basta dividere 200 milioni per tre, il giro d'affari complessivo, e si capisce quanto è forte la holding. Già è arrivato il momento delle grandi scalate. La prima è stata un successo. L'8 settembre di quest'anno un loro partner, Antonio De Felice, 40 anni, di Brescia, è diventato presidente di Dual Service spa. La società bresciana gestisce la sorveglianza, la scorta ai blindati e la custodia di tonnellate di soldi per le grandi banche del Nord. Una fra tutte, Banca Intesa. Un altro ramo d'attività di De Felice, procuratore nella Base srl di Vicenza, altro colosso della sicurezza, porta alla protezione del Monte dei Paschi di Siena. Il prossimo malloppo da conquistare sarà il colossale appalto per il contante delle Poste. E quel giorno, i misteriosi fratelli di Saviano potranno dire di avere messo le mani sul denaro di metà degli italiani o forse più.
Il successo iniziale delle guardie private della Regione è legato a un nome che ha lasciato tanti eredi politici a Napoli: Carmine Mensorio, senatore della Dc e poi del Ccd, uscito dieci anni fa dall'inchiesta sugli intrecci tra camorra, borghesia e alti funzionari dello Stato buttandosi dal traghetto che lo stava riportando ad Ancona dalla latitanza in Grecia. Nel frattempo ad Antonio e Carlo Buglione si è unito il più giovane della famiglia, Carmine, che oggi ha 39 anni. L'ultimo loro colpo poche settimane fa ha messo fuori gioco tutta la concorrenza: l'appalto per il denaro della Banca di Roma in Campania. Secondo fonti dell'istituto, è stato conquistato grazie a un super ribasso, 14,50 euro l'ora contro i 19,99 stabiliti come minimo dalla Prefettura.

Di quei primi anni restano tanti ricordi. In parte scritti su carta intestata della Direzione distrettuale antimafia. Come la foto della cena, il 19 gennaio 1996, in un ristorante di Nola, tra Mensorio, amministratori locali, consiglieri regionali e presunti camorristi per preparare la campagna elettorale: "Sotto la vigilanza armata di due istituti di vigilanza", spiegano in quei giorni i magistrati all'Ansa, "La vigilante 2 e La vigilante 3 dei fratelli Buglione". Oppure le agghiaccianti testimonianze dei boss pentiti Pasquale Galasso e Carmine Alfieri. "Con il titolare di quell'istituto, anzi preciso con uno dei titolari di quell'istituto", racconta Galasso, "Alfieri era in contatto assai stretto per il tramite di Geppino Autorino. Tali rapporti di Alfieri con quell'istituto, sono dimostrati anche dal fatto che il primo si rivolgeva al secondo per ottenere assunzioni di persone fidate. È il caso di un ex carabiniere, o comunque ex militare, di circa 35-40 anni, abitante in una casa di campagna al centro della rete di rifugi di Alfieri in Piazzolla di Nola". E Carmine Alfieri, parlando di Antonio Buglione: "L'incontro che ebbi con lui avvenne durante la mia latitanza, presso la vecchia abitazione di Autorino". Ci sono anche i momenti drammatici. Quando nel 1993 Antonio Buglione, sulla Mercedes del senatore Mensorio, scampa a un agguato a colpi di pistola e resta ferito alla testa. Ma sono tempi passati. La competizione oggi si gioca con le alleanze e i prezzi al ribasso. Per conquistare la protezione della Regione, la famiglia Buglione ha messo in campo l'International security service. E, per gareggiare nell'appalto, si è associata con un altro colosso locale del settore: La vigilante, società nella quale Antonio aveva cominciato come guardia giurata. Anche questo istituto ha attraversato un brutto momento una decina di anni fa. Federico D'Emilio, 64 anni, figlio del fondatore e padre dell'amministratore, era stato accusato di associazione mafiosa. Ma nel 1998 è stato pienamente assolto. Unico punto di contatto con la camorra: essere compare d'anello, il testimone di nozze, del superlatitante Eduardo Contini, 51 anni, potentissimo boss di Vasto, Arenaccia e Poggioreale. Un fatto, scrivono i giudici nell'assoluzione, che comunque genera "un profondo sentimento di inquietudine". Sono passati otto anni. Tanto è bastato per dimenticare anche quell'inquietudine.