di Lietta Tornabuoni
Sul grande schermo i mostri della storia recente sono sempre minacciosi e vivi. Il film Il Labirinto del Fauno ambienta una fiaba nella Spagna franchista
Gli orchi della Storia (nazisti, fascisti, franchisti, dittatori militari) sono sempre qui. Nella realtà possono risultare scomparsi, ridotti all'isolamento, sottoposti a revisione storica. Ma nella narrativa, nel cinema, nella televisione (e nella memoria, forse) sono sempre minacciosi e vivi (almeno per chi ne ha avuto esperienza esistenziale) non come fantasmi passati o futuri, ma come presenze incancellabili, simboli di paure, malavita, disastro.

Nel 1944 in Spagna, dopo la guerra civile, una giovane donna da poco risposata va a vivere con la figlia ragazzina in casa del nuovo marito. Il vanesio arrogante capitano Vidal dell'esercito franchista ha l'incarico di 'ripulire' certe zone di montagna dove si nascondono gruppi antifranchisti. La madre fatica ad adattarsi alla nuova vita. La bambina scopre vicino alla grande casa un misterioso labirinto governato da Pan, guardiano dei luoghi, strana creatura magica e demoniaca che la tratta come la principessa scomparsa d'un regno incantato.

Le atrocità compiute dal capitano procedono parallele alle immaginazioni fiabesche (insetti parlanti, fauno guardiano) della bambina la cui infelicità solitaria viene resa ancora più profonda dalla scomparsa della madre e dalle accuse di complicità con gli antifranchisti che angosciano la cameriera di casa.

Sergi Lopez, che è sempre stato un bravo attore, è bravissimo nel personaggio autoritario e indifferente del capitano Vidal: i capelli lustri come un casco nero, le belle mani, il piglio dispotico e padronale vanno oltre la parte: sanno disegnare il temperamento di un uomo impastato di ostentazione e crudeltà.

Il labirinto del fauno
di Guillermo del Toro, con Sergi Lopez, Ivana Baquero, Maribél Verdu, Dong Jones