di Edmondo Berselli
Gli otto episodi della serie Crimini sono un esempio di contaminazione di letteratura e intrattenimento, mettendo d'accordo cultura e audience
Beppe Fiorello nell'episodio Troppi equivoci
foto:
Rai
Non male l'idea della serie tv 'Crimini': otto soggetti di altrettanti autori di fama come Giancarlo De Cataldo, Sandrone Dazieri, Massimo Carlotto, Giorgio Faletti, Carlo Lucarelli, Diego De Silva, Marcello Fois, Andrea Camilleri. La serie si è aperta mercoledì 6 dicembre su Raidue in prima serata con 'Troppi equivoci', una storia del venerabile Camilleri sceneggiata da Rocco Mortelliti e Carla Vangelista, regia di Andrea Manni. Aldo Grasso ha sostenuto con insigne perfidia accademica che la fiction è risultata migliore del racconto originario di Camilleri. Applausi a Grasso, anzi, "orejas, ovaciones y música" come ai toreri. A sua volta, il vostro critico (scusino i gentili lettori la terza persona, gli succede di rado) nutre una seria e insuperabile diffidenza verso i film televisivi (ma anche non televisivi) in cui i personaggi parlano con l'accento regionale del luogo di ambientazione. Che volete, siamo fatti così, cittadini del mondo: non appena c'è uno che dice "hai scassato la minchia" o "è megghiu pe ttia" ci viene una crisi d'identità mancante e imploriamo la globalizzazione, l'omologazione totale, un'edizione americana senza sottotitoli di 'Csi Miami', oppure una fiction ambientata a Torino dove qualcuno dica 'neh' o a Milano con un postino che dica a un caramba "mi hanno ciulato il motorino".

Comunque la fiction di Raidue era buona, con personaggi ben disegnati: c'erano i consueti difetti della fiction italiana, in cui gli attori in genere recitano come in una fiction italiana; ma c'era anche Beppe Fiorello, che ormai ha raggiunto una statura di attore di livello superiore. Eh, che tempi: ci fosse un'industria cinematografica come negli anni Cinquanta e Sessanta, l'ex Fiorellino verrebbe fuori come un mattatore; adesso deve accontentarsi di questi ruoli, in cui l'attore Fiorello, alla fine, risulta anche un po' troppo superiore al film, per cui in certi momenti viene voglia di dirgli che si dia una calmata, non c'è bisogno di puntare al capolavoro, non deve stracciare tutti: evitare i peccati di zelo. Comunque vale la pena di aspettare gli altri episodi della serie (che sono stati pubblicati in volume da Einaudi), perché non capita spesso una simile contaminazione di letteratura e intrattenimento, autori e televisione, scrittori e popolo. Se il seguito rispetta le premesse, potrebbe essere la smentita ufficiale che cultura e audience non vanno d'accordo.