Sessantamila fan impazziti per il 'Boss' sul palco con la E-Street Band. Raffica di bis. E la rockstar viola l'ordinanza sugli orari consentiti

 

 

Milano, 26 giugno 2008 - E’ salito in scena, con la manona del fido Clarence 'Big Man' Clemons appoggiata sulla spalla, mentre gli ultimi raggi del sole di una giornata afosa allungavano sul Meazza le prime ombre della sera.

 Ed è stato subito il Bruce Springsteen del 1985; il rocker senza macchia e senza paura che i sessantamila avevano atteso dal pomeriggio sotto il sole, stretti gli uni agli altri dalla convinzione di vivere una notte epica.

 

E il grande momento è arrivato alle 20.50, quando una pianola meccanica da luna park ha dato il via alle danze. "Ciao Milano, fa abbastanza caldo? Fa abbastanza caldo? Ne faremo ancora di più?" ha ruggito al microfono; e l’onda d’urto della risposta è sembrata per un attimo ammutolire perfino l’amplificazione. Come già nelle altre date di questo tour europeo, l’uomo nato per correre è andato a rimestare fra le pietre filosofali di una vita per pescare la 'Summertime blues' col pensiero ad Eddie Cochrand e il cuore alla marea montante dinanzi a lui. In questo nuovo show non c’è l’inquietudine col "dito sul grilletto" di 'Devils & Dust' né l’introspezione letteraria di 'The ghost of Tom Joad', ma la voglia di inseguire ancora il sogno saltando dalla passione muscolosa di 'Out in the street' alle voci nel deserto 'Radio nowhere', da 'Prove it all night' a quella cartolina da 'Greeting from Ashbury Park' che è 'Spirit in the night'. Perché la notte è scura ed "è facile restare ciechi e sentire il proprio sangue gelare" come canta in 'The promise land'.

 

L’aura epica era quella di ventitré anni fa, ma il fisico no; meno indistruttibile di un tempo lo ferma davanti al microfono, spingendolo a raccogliere i cartelli dei fan per riprendere fiato. E siccome con lui l’imprevedibile è sempre dietro l’angolo, accade pure che cambi la scaletta per inserirci quella 'No one but the brave' richiesta da una fan. E così pure 'Hungry heart', scendendo poi a cantarsela tra il pubblico. Insomma, un Boss 'on request', come si definisce lui stesso scherzando prima di mettersi sulle spalle il tricolore e tornare in carreggiata con 'Darlington county'.

 

Alla fine il rock vince e 'Because the night', con un torrenziale assolo di Niels Lofgren, la durissima 'She’s the one', martellata dalla ritmica di Max Weimberg e dal basso di Gary Tallent, 'Last to die', 'Livin’ in the future', 'Mary’s place' e su su fino a 'Badlands' arrivano a ricordare che al sogno bisogna credere. Sempre. Soprattutto fra "blood brothers" come quelli della E-Street Band.
Ma Springsteen nel finale deve anche essersi reso conto di aver condotto in porto una serata tutto sommato ordinaria in un posto straordinario e così nel bis si è scatenato alla ricerca della eccezionalità perduta infilando successi uno dietro l’altro per arrivare a 'Twist and shout' dei Beatles come già nel concerto nel 1985. In totale, come allora, tre ore di concerto che hanno portato il Boss a sforare di 20 minuti l’orario previsto. Ligabue, seduto in tribuna, ora trema. Chiudendo alle 23,50 il Boss ha violato l’ordinanza comunale che impone la chiusura dei concerti al Meazza entro le 23.30 e da oggi sarà polemica, col rischio di vedere bloccati gli ultimi concerti in programma quest’estate. Proprio quelli del rocker di Correggio.  

di Andrea Spinelli

 

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