Milano - Lo "Spaccone" è uscito di scena. "Stamani alle 7,30 ho ricevuto una mail dall’America che mi ha fatto sapere che Paul Newman non è più tra noi".
Con queste parole Vincenzo Manes, presidente della fondazione Dynamo Camp di Limestre, che fa parte dell’organizzazione internazionale di solidarietà fondata dall’attore americano, ha anticipato la morte di Paul Newman alla festa annuale della fondazione. Ma la notizia, che circolava da qualche ora sui blog statunitensi, è stata confermata solo nel pomeriggio, quando sul sito della fondazione Newman è apparso un comunicato con l’annuncio della morte del grande attore. "Il nostro amico è venuto a mancare - afferma il comunicato -, abbiamo avuto la fortuna di conoscere molto bene questa persona straordinaria"

Una vita in celluloide Quella di Newman è stata un'esistenza memorabile, vissuta intensamente dentro e fuori dal set. Nato nel 1925 a Shaker Heights, vicino a Cleveland nell'Ohio, discendente di emigranti europei, rinuncia al sogno di diventare pilota dell'aeronautica militare, per problemi alla vista. Dopo una breve parentesi, in cui ha gestito l'attività paterna, un grande magazzino di articoli sportivi, nel 1949 sposa Jackie Witte e decide di intraprendere una carriera cinematografica destinata a diventare leggendaria. Dal primo matrimonio nasceranno tre figli, di cui un solo maschio, morto nel 1978 per overdose.

Tradito dal film in costume Nel 1954 Newman esordisce davanti alla macchina da presa con il film in costume Il calice d'argento. Gli occhi blu di Newman non bucheranno il grande schermo e le critiche della stampa specializzata saranno piuttosto algide nei confronti dell'astro nascente. Il New Yorker il più caustico di tutti: "Recita la sua parte con il fervore emotivo di un autista di autobus che annuncia le fermate locali". Tutta colpa degli abiti di scena, secondo Paul, che da quel giornò non si presterà mai più a rappresentazioni in costume. Poi nel 1956 la prima vera affermazione con l’interpretazione del pugile Rocky Graziano in "Lassù qualcuno mi ama" di Robert Wise. Nel gennaio di due anni dopo il matrimonio con l'attrice Joanne Woodward, la donna che le è stata vicino fino agli utlimi giorni di vita.

L'attore diventa leggenda Il mito di Newman si consacra con l'inizio degli anni sessanta. La stangata, La gatta sul tetto che scotta, Intrigo a Stoccolma, Butch Cassidy e ovviamente, Lo spaccone, sono capolavori che portano il suo nome. L'immagine di Newman che appoggiato al tavolo verde, con la sigaretta all'angolo della bocca e la stecca in mano, prende la mira, è un'icona della storia del cinema. Dopo i trionfi al botteghino, il massimo riconoscimento cinematografico, glielo tributerà nel 1987, l'Academy di Hollywood, consegnandogli la prestigiosa statuetta per l'interpretazione nel film il Colore dei soldi, sequel dello Spaccone girato da Martin Scorsese.
L'ultima interpretazione risale al 2002, nel film Era mio padre diretto da Sam Mendes.

Non solo attore, anche pilota e imprenditore La più grande passione di Newman erano le corse automobilistiche. Nel 1979 partecipò alla 24ore di Le Mans alla guida di una Porsche, mentre nel 2000 rischiò la vita in un incidente sul circuito di Daytona. Nel 1983 ha costituito la Newman Racing, per corse in formula Indy, mentre per le corse nel Champ Car Atlantic Championship ha fondato insieme a Eddie Wachs la Newman Wachs Racing, le cui vicende sono narrate nel film-documentario Super Speedway. Nell’82 fondò la "Newman’s own", azienda alimentare specializzata in produzioni biologiche i cui proventi vengono devoluti in beneficenza, tuttora in attività.
Il calvario La comunicazione ufficiale della malattia era stata data il 31 luglio di quest'anno. La diagnosi di cancro ai polmoni, effettuata dallo Sloan-Kettering Cancer Center di New York, uno dei maggiori centri negli Usa per la lotta ai tumori, aveva lasciato subito trasparire la gravità della situazione. Lo "Spaccone", saputo della malattia, aveva chiesto alla moglie di portarlo a casa, per poter morire fra le mura domestiche.