Dal 10 novembre su Sky, dodici episodi dal libro di De Cataldo. Nessuna star (come fu per il film) ma talenti giovani e nuovi. Il regista Stefano Sollima: "Ho puntato al realismo, nel linguaggio e nelle scene". Il magistrato-scrittore: "In questa fiction gli intrecci che per il cinema furono sacrificati"

 

 

ROMA - La violenza come arma e come linguaggio quotidiano, il sogno di mettere le mani su Roma, l'intreccio della delinquenza con la politica e la mafia. Ormai un classico letto delle scuole, diventato film con la regia di Michele Placido, Romanzo criminale, il libro di Giancarlo De Cataldo sulla Banda della Magliana (350mila copie vendute), diventa una serie di Sky in onda da lunedì 10 novembre. Un'operazione degna del miglior cinema, l'occasione per lanciare nuovi talenti, dodici episodi che dimostrano come la tv, con la massima libertà creativa, può dare il meglio.
Riccardo Tozzi, produttore sia del film che della fiction, sottolinea l'indipendenza della serie. "Nell'ambiente televisivo italiano fare un prodotto del genere non sarebbe stato possibile. Grazie a Sky le scelte non sono state condizionate, non ci sono state pressioni". Il risultato è una fiction estremamente realistica, nel linguaggio e nelle scene crude, forti, che non ha niente da invidiare ai prodotti americani, curata nei minimi dettagli (la scenografia è di Paola Comencini, i costumi di Nicoletta Taranta).
"Questa banda poteva esistere solo a Roma e solo in quel preciso momento storico, gli anni 70" dice Stefano Sollima, che quella Roma l'ha ricostruita alla perfezione. "Abbiamo girato in tutta la città, dalla Magliana alla Tiburtina, da San Basilio a Trastevere. Dove arrivavamo portavamo il panico, via le macchine, tutto tornava a trent'anni fa. Punto a raccontare la storia a un pubblico giovane. L'ampio arco narrativo esigeva anche giovani interpreti, in grado, però, di portare sullo schermo anche la fase adulta e tragica dei propri personaggi. Mi sono astenuto da qualsiasi tipo di patinatura, al contrario sono andato a cercare tipi vicini all'anima borgatara e proletaria dei vari componenti della banda, così da restituire il massimo realismo possibile. Questo ci ha portato alla sfida più rischiosa, ma anche la più stimolante, quella di affidare tutti i ruoli ad attori emergenti". Se il film di Placido (che stavolta cura la direzione artistica) era interpretato da Pier Francesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Riccardo Scamarcio e Stefano Accorsi, la serie - prodotta da Sky con Cattleya e Rti-Mediaset - schiera Francesco Montanari (il Libanese), Vinicio Marchioni (il Freddo), Alessandro Roja (il Dandi) e Marco Bocci (Scialoja). Con loro, tra gli altri: Daniela Virgilio (Patrizia), Alessandra Mastronardi (Roberta) e Marco Giallini (il Terribile).
Questo romanzo criminale che continua ad avere riflessi sulla vita italiana (De Cataldo ironizza: "Come si dice a Roma, è una storia che non vuole morì"), prende il via dalle ambizioni del Libanese, leader di una piccola agguerrita batteria di Trastevere, convinto, alla fine degli anni 70, che Roma sia in attesa di qualcuno che abbia il fegato di prendersela. "Se siamo uniti nun se pijamo solo Roma, se pijamo tutta l'Italia". Con lui c'è l'amico Dandi, anche se l'incontro decisivo sarà quello col Freddo, leader di un altro gruppo.
Nasce così la Banda della Magliana con cui tutti vogliono fare affari: piccoli e grandi criminali, ma anche politici, in testa i neofascisti del Nero. E gli uomini dei servizi segreti. A tentare di ostacolarla c'è il commissario Scialoja, giovane e ambizioso, impopolare tra i colleghi perché di idee sinistrorse. L'alternarsi di successi e sconfitte trasformerà presto le sue indagini in una questione personale con il Dandi al quale contenderà Patrizia, la prostituta più affascinante di Roma, "bomba sexy con gli occhi tristi".
Se il film, per ragioni di tempo, non ha potuto approfondire l'intera storia, la serie racconta l'intreccio con la politica, fotografa una città criminale dove il confine tra bene e male è sottile. "Ho voluto chiamare missing files queste parti del libro non raccontate nel film" spiega De Cataldo "il libro è una riflessione sulla storia italiana, il racconto del male. Nella lunga vita di Romanzo criminale era scritto che qualcosa nascosto tra le pagine prima o poi sarebbe dovuto venire fuori. Quello che era meravigliosamente compresso nel film, esce fuori nella fiction".
Il tema del fascino del male è più che mai attuale. "Non si può chiedere a uno scrittore di amputare il male dai suo romanzi: le opere di un certo spessore non si nascondono dietro una rappresentazione edulcorata della realtà. Attraverso il male - continua il magistrato-scrittore - noi insegniamo ai bambini a difendersi dalla paura del male. Se c'è una persistenza di Romanzo criminale i motivi vanno rintracciati anche nella persistenza di altre opere letterarie che raccontano il male. Non bisogna pensare che tutti si armino perché vedono qualcuno che si arma in un film. Se c'è una crisi economica è chiaro che le rapine si impennano, se la gente non riesce ad arrivare a fine mese non sceglie di rubare perché gli è stato suggerito da una fiction. Se le donne diventano indipendenti, autonome, come avviene nella società di oggi - conclude De Cataldo - esplode la violenza domestica perché gli uomini tendono a rivendicare anche a mano armata la loro supremazia. Se i ragazzi scendono in piazza a manifestare non è per emulare le manifestazioni degli anni '70, ma perché respirano il disagio".
"Abbiamo sfiorato gli avvenimenti reali più nella fiction che nel film - aggiunge Sollima - è vero, c'è la rappresentazione del male, ma per me sono i genitori ad avere il compito di affiancare i figli nella visione dei programmi e dei film". Su Sky è possibile attivare il parental control, che permette ai genitori di bloccare la visione di qualsiasi trasmissione. Romanzo criminale versione tv andrà in Francia e Sky sta prendendo accordi anche con la Spagna.

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