Dopo un'uscita boom nel capoluogo campano, arriva nei cinema di tutta italia
la commedia farsesca "Ci sta un francese, un inglese e un napoletano". Il regista e protagonista, Eduardo Tartaglia: "In tempi di monnezza, spero
che la pellicola sia un piccolo segnale di speranza. Perché da noi c'è anche il talento" 
di CLAUDIA MORGOGLIONE

Eduardo Tartaglia e Veronica Mazza

ROMA - Sono momenti bui, per Napoli. Tempi di monnezza e mozzarella alla diossina, di allarmi e di degrado, di proteste di piazza e di pessima pubblicità sui giornali di tutto il mondo. Ma il capoluogo campano è anche, come da secolare tradizione, una città capace di sorridere di se stessa.

Di far ridere. E così, per quelle coincidenze un po' bizzarre del destino, arriva adesso nei cinema, nel pieno dell'emergenza rifiuti - e non solo - un piccolo film comico indipendente, una commedia popolare e dialettale realizzata con un unico scopo: divertire. Una farsa in classico stile partenopeo, che già nel titolo evoca una barzelletta: Ci sta un francese, un inglese e un napoletano.

Incipit d'obbligo di qualsiasi storiella nata e raccontata all'ombra del Vesuvio. E scelta dal regista nonché protagonista del film - l'autore e attore di palcoscenico Eduardo Tartaglia - come primo modo per attrarre l'attenzione dei potenziali spettatori. Verso un'opera che, da qualche anno, è anche una piéce teatrale di successo. E che al botteghino è già diventato un caso: uscita solo a Napoli città, ha conquistato subito grandi incassi. E ora, con questo traino, arriva la distribuzione nelle altre zone d'Italia, in circa ottanta copie, garantita dalla potente Medusa.

La vicenda comincia, come d'obbligo, proprio con i tre personaggi citati nel titolo: siamo in una base di una forza multinazionale di pace, in un non identificato paese extraeuropeo. Ed è qui che un capitano inglese, un soldato francese e uno napoletano (Edoardo Tartaglia), insieme a un interprete del posto, tirano a sorte su chi dovrà sacrificarsi e compiere la missione. Il caso, manco a dirlo, si accanisce col militare partenopeo, Salvatore: dovrà sposare una donna del posto (Elian Khan, che nella realtà è russa), rimasta incinta dopo la love-story con un soldato irlandese disperso in missione, per salvare la vita a lei e al bambino.

Il problema è che il nostro eroe è fidanzato da quindici anni con la popolana Noemi (Veronica Mazza, già volto noto della soap Un posto al sole): giunta alla vigilia delle nozze, la ragazza, col suo codazzo di parenti - tra cui Biagio Izzo, interprete di tante commedie all'italiana stile Vanzina, e l'anziana icona del teatro napoletano Regina Bianchi - sta scegliendo abito, bomboniere e ricevimento, quando viene a sapere che il suo innamorato... sta per sposare un'altra.

Con queste premesse, è ovvio che il ritorno a Napoli di Salvatore, con moglie straniera e viso e fisico da top model al seguito, non sarà tutto rose e fiori. E così tra urla, scenate ed equivoci, si arriverà a un finale abbastanza "classico", nell'ambito di una farsa di questo genere.

Insomma: un concentrato di dialetto napoletano, gag fisiche e verbali, linguaggio e contenuti tipici della popolanità partenopea. Una pellicola che vuole strappare più di un sorriso allo spettatore, anche in un momento come questo in cui purtroppo c'è poco da ridere: "Non so se questo film può essere un'occasione per parlare bene della mia città - spiega Tartaglia - ma certo spero, mi auguro che possa portare un piccolo messaggio di speranza, di fiducia. In controtendenza. Per ricordare che a Napoli si lavora con intelligenza, professionalità e anche un pizzico di talento, anche se poi il frutto di questo lavoro esce proprio in un momento così difficile".

Quanto all'idea del film - "è venuto prima il titolo e poi la storia", ammette il suo autore - nasce su un doppio binario: "Quello di farne una commedia per il teatro, e contemporaneamente la sceneggiatura di un film. Certo, aver girato avendo già interpretato il personaggio sul palcoscenico - così come è accaduto alla mia partner, Veronica Mazza - mi ha molto aiutato. Ma poi, sul set, ho cercato anche di prenderne le distanze: se anche sullo schermo vediamo scene a tinte forti è per scelta registica, non per la derivazione teatrale. Siamo in un contesto molto popolare, e quindi i personaggi, per essere credibili, non devono essere introspettivi, ma estroversi".

E poi c'è la scelta di mantenere, anche al cinema, un dialetto napoletano abbastanza stretto. "Anche questa è stata una decisione precisa - conclude Tartaglia - abbiamo preferito pagare un piccolo prezzo sulla comprensione: magari in due ore perdi dieci parole, ma non le emozioni". Vedremo se, come è già accaduto nel tour teatrale nelle altre città, il pubblico dimostrerà che valeva la pena rischiare.


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