La favola del Fiume Azzurro
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di Lietta Tornabuoni
Un viaggio in Cina per scoprire l'Italia che è altrove. Per La stella che non c'è Gianni Amelio ha trovato ispirazione nel Grande Paese, riflesso negli occhi di un operaio. Tra statue di Mao, grattacieli e baracche Una scena del film
L'operaio viaggia da Shanghai a Wuan a Chongqin, lungo il corso dello Yang-tze, nella Mongolia polverosa. Vede i grattacieli con i manager freddi vestiti di grigio all'occidentale, vede le guardie private che lo sbattono fuori, vede le fabbriche trasformate dalla bravura del regista in architetture smaglianti oppure le fabbriche-case dove le donne cucinano e i bambini giocano, vede le alte statue di Mao color terra, vede palazzi e baracche, ricchi e poveri, perché tutto il mondo è diviso in abbondanza e penuria. Vede il grande Fiume Azzurro, la ragazza-madre che nasconde il proprio figlio bambino non ammesso dalle regole di Stato, la luce nebbiosa d'inquinamento. Non vede l'operaio ignorante che getta tra i rifiuti il pezzo prezioso portato dal collega italiano, perché non lo capisce e perché anche in Cina si ignora il lavoro ben fatto.
Dice Gianni Amelio: "Quando non trovo spunti dalle mie parti, cerco l'Italia che esiste altrove. L'ho trovata in Albania ('Lamerica'), l'ho trovata nella Torino degli anni Cinquanta ('Così ridevano'). Ho trovato un'Italia esiliata, per ragioni diverse, nella Berlino de 'Le chiavi di casa'. In Cina non sono andato per scoprire la Cina, ma per capire meglio un operaio italiano".
La stella che non c'è di Gianni Amelio, con Sergio Castellito, Tai Ling