dal nostro inviato Ugo Trani
BERNA (9 giugno) - Non si sente brutto anatroccolo davanti al cigno di Utrecht. La ventesima partita della sua gestione è anche il debutto in una competizione internazionale. Che poi sia contro un amico, l’ex compagno milanista e il rivale sul green Marco Van Basten, non cambia lo stato d’animo di Roberto Donadoni.



«La prendo solo come la continuità di un percorso e non diversamente. Dal punto di vista professionale è una tappa importante, dà soddisfazione e piacere. Non vedo l’ora di cominciare. E’ stimolante. Ed è bello avere quest’opportunità accompagnato da ragazzi che mi seguono da due anni». I riflettori finiscono sul cittì bergamasco più che sui campioni del mondo. «Io, però, non sento i fari puntati addosso. La vivo come un evento, una partita da affrontare con professionalità e serietà. Il mio mestiere e la mia passione mi hanno portato sin qui».

Sono trent’anni che l’Olanda, 2 a 1 ai mondiali del ’78, non batte l’Italia. E Van Basten, da calciatore orange, non ha mai avuto la meglio contro gli azzurri. Donadoni, però, non tocca ferro: «Certe statistiche lasciano il tempo che trovano. Non servono gli scongiuri. Il passato ha una valenza, ma non riguarda l’attualità. Vanno altri giocatori in campo. Questi numeri, non mi procurano apprensione né eccessiva tranquillità. Sarebbe superficiale affrontare così una partita difficile, proprio perché conosciamo il valore degli avversari dal cammino nelle qualficazioni. Hanno determinazione e qualità, bagaglio fisico e tecnico. Insomma anche se manca Robben non è un vantaggio per noi:, Marco ha altri grandi giocatori».

Già, Marco. Cioè Van Basten. «Il nostro rapporto di amicizia va avanti da tempo. Negli ultimi anni non ci frequentiamo molto, le nostre strade si sono separate. Ma almeno due volte l’anno ci vediamo. Due mesi fa ci siamo sentiti. C’è stima e rispetto. Io non conosco i suoi metodi, ma valuto le prestazioni della sua squadra, la capacità di giocare con più moduli». A quanto pare nessuno dei due, ai tempi di Milanello, avrebbe mai pensato che una sera di giugno, in Svizzera, si sarebbero sfidati da cittì delle rispettive nazionali: «Capita di fare certi discorsi, quando sei allenatore, rispondendo magari a una domanda. Ma con l’immaginazione nessuno di noi è mai andato troppo in là». Nel loro calcio, l’impronta di Sacchi: «E’ un’esperienza che ci accomuna e che è servita nel nostro cammino. In ognuno di noi ci sono anche quei concetti».

«Io, comunque, non cerco un aggettivo per la nazionale, ma i risultati», aggiunge subito. «Nè faccio i calcoli prima di iniziare. Dopo vedremo cosa faranno gli altri. A noi interessa fare il meglio e dare il massimo». Se sarà possibile, pure divertendo. «Spero che si esprimano come sanno, soprattutto per loro. Sin qui abbiamo lavorato bene, anche correggendo qualcosa, quando mi sono reso conto che era necessario. Non posso prevedere se il percorso è stato ottimale, aspettiamo la risposta sul campo. Importante sarà avere l’atteggiamento giusto. La squadra sta bene e ha voglia di cominciare dopo essersi conquistata questa chance. I ragazzi li vedo tranquilli, ma non rilassati. Quando una nazionale è campione del mondo è normale che ci siano aspettative. Ma aver vinto il mondiale non dà garanzie di successo. E’ dura per chiunque ripetersi, specie dopo due anni. E ancora di più in Nazionale. Non basta prendere i giocatori migliori per avere continuità».

Qui Toni è un mito. «Luca è importante. Ma lo sono anche Del Piero, Borriello, Quagliarella, Cassano e Di Natale. Sostituti validi e non solo sostituti. A pari livello». Conferma che Panucci è abile e che Materazzi sta recuperando la forma migliore. «Ma la formazione la acnnuncerò prima di pranzo come sempre. Non so quali pesci prendere, ho una grande confusione», scherza con un giornalista straniero. Attenzione al terreno di gioco dello Stade de Suisse: «Bello ma scivoloso, non concede molto grip. Bisogna scegliere la scarpa ideale. Tutti hanno avuto problemi nell’allenamento, con la gomma e i tacchetti. E’ un po’ insidioso». E lo è perché sopra al sintetico è stata messa l’erba. Infine, Donadoni conferma il mistero della fascia: «Il capitano è Cannavaro ma non può scendere in campo. Poi sapete chi ha più presenze. Dipenderà da chi gioca». Cioè se ci sarà Del Piero dall’inizio.


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