di Carlotta Magnanini
Una mostra itinerante ripercorre 55 anni di moda. Targata Max Mara
Un cappotto della collezione 1957/58
Talvolta un numero può racchiudere un pezzo di storia della moda. Come 101801 (attenzione, si legge centouno-ottocentouno): non un criptico codice a sei cifre, ma il modello di un'icona, un classico dello stile al pari dei tailleur Chanel o delle borse Kelly Hermès. Stiamo parlando di cappotti, o meglio dei cappotti Max Mara. Protagonisti della mostra 'Coats! Max Mara, 55 anni di moda italiana', dal 30 novembre al 4 marzo 2007 al Kulturforum degli Staatliche Museen di Berlino.

L'esposizione internazionale e itinerante (prossime tappe Tokyo, Toronto e Milano) offrirà un viaggio a ritroso nel tempo alla scoperta del processo industriale e della storia del design di casa Maramotti proprio a partire dal mitico centouno-ottocentouno, perfezione prêt-à-porter doppiopetto in cammello e cachemire disegnato da Anne Marie Beretta nel 1981.

Il progetto ospitato a Berlino (immortalato nell'omonimo catalogo Skira) risale al 2003: "Fu in quell'anno che venni contattato da Adelheid Rasche, curatrice al Kulturforum e storica della moda", spiega Giorgio Guidotti, presidente della comunicazione del gruppo: "Inizialmente l'idea era quella di raccontare mezzo secolo di attività con una mostra fotografica; poi, consultando la mole di materiale negli archivi, si è pensato a qualcosa di diverso, incentrato sul cappotto come metafora di una moda che per Max Mara è più legata al design che al decoro".

Infatti questo fashion-tour, oltre a presentare 70 pezzi unici della maison, si articola in una sezione iconografica con 500 documenti tra cui litografie, stampe e schizzi inediti di alcuni tra gli stilisti che hanno lavorato per la griffe - da Lagerfeld a Soprani, de Castelbajac, Colette Demaye e Nanni Strada - e una fotografica con 160 scatti di giganti dell'immagine come Avedon, Lidbergh, Meisel, McDean e Sarah Moon. Quattrocento metri quadri di percorso suddiviso in cinque stanze: "Per costruire un excursus storico-culturale dell'azienda abbiamo pensato a un allestimento tridimensionale, fatto di luci, filmati e suoni, che tenesse conto del paesaggio che sta dietro il prodotto", spiega Ico Migliore, dello studio Migliore & Servetto Architetti Associati: "Ogni sala è dedicata a un decennio, dalla nascita negli anni 1950-60 al suo legame con l'editoria dei '70, alla creatività negli '80 fino ai giorni nostri".

A raccordare il tutto il concetto di piazza: "Un po' perché è un elemento tipico del panorama urbanistico italiano", continua Migliore, "un po' perché è simbolo di un rapporto sempre più stretto tra moda e architettura". Specie per un'azienda che da sempre sperimenta nuove alleanze e contaminazioni di linguaggi. "Il rapporto di Max Mara con l'arte è da sempre stretto, con una forte vocazione mecenatizia", dice Guidotti: "Ogni anno alcune opere sono commissionate ad artisti emergenti, altre vengono premiate, come è stato per il Max Mara Art Prize for Women (vinto dalla regista Margaret Salmon, ndr)". Fino alla creazione di poli dell'arte: nel 2007 è attesa l'inaugurazione della galleria-museo sulla via Emilia che ospiterà 200 opere dalla collezione contemporanea della famiglia Maramotti.

Non ci sarà spazio per i vestiti, anche se, visto che l'arte tende alla perfezione, alcuni se lo meriterebbero: perché, come scrive Colin McDowell sul catalogo Skira, "non c'è alcun modo per perfezionare il cappotto 101801".