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Regia: Woody
Allen
Cast: Jonathan Meyers, Scarlet Johansson, Brian Cox, Matthew
Goode, Emily Mortimer
Distribuzione: Medusa
Genere: Thriller
Giudizio: * *
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Chris,
un giovane istruttore di tennis, si trasferisce in Gran Bretagna e stringe
amicizia con Tom, che lo introduce nella sua ricca famiglia. Da qui in
poi intraprenderà una relazione segreta con Nola, l’affascinante
fidanzata di Tom, che arriverà a minare il suo rapporto con la
moglie…
Quando i trailer annunciavano l’uscita di un nuovo lavoro del
mingherlino e occhialuto Woody Allen, il pubblico giungeva a grappoli
nelle sale cinematografiche, pronto ad assistere ad un’altra esilarante
commedia. Chi non ricorda i momenti piacevoli trascorsi in compagnia di
pellicole come ”La dea dell’amore”, “Io e Annie”
o “Harry a pezzi”? Storie piacevoli in cui era presente lo
sguardo di un autore sì ironico ma anche socialmente e politicamente
impegnato, capace di spingere lo spettatore ad una riflessione su se stesso
e sul mondo che lo circonda.
Ma stavolta il regista intellettuale e filosofo spiazza l’Europa
con un’opera per nulla attinente ai suoi precedenti lavori: ”Matchpoint”.
Allen mette da parte gag umoristiche per lasciar posto ad una vicenda
puramente drammatica condita con un pizzico di inquietudine tipica di
un genere tanto amato come il giallo.
In effetti sarebbe più corretto definire “Matchpoint”
un thriller erotico, dove passione e desiderio sono i veri protagonisti
di questa storia che si abbattono come un ariete sulla facciata ipocrita
e fragile dell’alta borghesia, fino a rivelarne lo squallore e la
falsità. L’autore sembra voler riprendere, per ciò
che concerne Chris, il protagonista della “Dolce vita”, Marcello
Rubini, giudice ma complice allo stesso tempo di quel mondo pregno di
artifici e sentimenti dalla dubbia sincerità che Fellini mise a
nudo durante gli anni ’60; riguardo lo schema narrativo, invece,
il regista si ispira, o almeno così pare, a lungometraggi come
“L’amore infedele” e “Attrazione fatale”
di cui purtroppo, non riesce a catturare quella tensione che aveva garantito
il successo a Michael Douglas e Glenn Glose.
Non c’è dubbio che nella pellicola sia presente un realismo
che rende credibile l’ambiente in cui si muovono i personaggi e
un’ironia che finisce nel paradossale di cui Allen è maestro
indiscusso; ma i dialoghi eccessivi, la lentezza del plot e la regia di
stampo teatrale, mal si addicono ad un genere narrativo che, solitamente,
crea già un forte pathos non nell’ultimo atto ma a metà
del primo ,mantenendo viva l’attenzione del pubblico.
Non tutti gli attori appaiono convincenti nella loro performance, in particolare
il protagonista, forse troppo giovane e ancora poco maturo per una parte
simile , differentemente da Scarlet Johansson che sembra più coinvolta
rispetto al partner anche se non del tutto idonea nel ruolo della dark
lady passionale e ossessiva. Ad ogni modo è da apprezzare l’intento
del regista di allontanarsi da un genere che è a lui più
consono, per sperimentare un nuovo modello narrativo.
Stefano Stanzione
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