VetrinaCinema
 
STORIA DEL CINEMA
  

Tratto da: http://web.tiscalinet.it/storiadelcinema


Introduzione: sul Cinema


Il cinema... che grande invenzione! Senza esagerare si può dire che la
cinematografia sia la più bella nuova arte che tecnologia e modernità
abbiano portato agli occhi di tutti. E forse il semplice fatto che il
cinema sappia arrivare a toccare l'attenzione tanto di persone colte
quanto di quelle meno, ha per lungo tempo allontanato l'idea del cinema
come arte sublime, espressiva dell'uomo e del suo potenziale di
fantasia e creatività. Tramite il cinema si è potuto fare critica o
propaganda politica, si è potuto immaginare e vedere cose che nella
realtà non si possono vedere, e vederle come fossero vere! Si è potuto
inventare il movimento, si è potuto modificare il tempo, accelerarlo,
dividirlo in piccole parti per concentrarsi solo su una di esse. Il
cinema che ci ha regalato momenti di grandezza mai vista, che ha messo
in immagine storie finora sempre e solo lette, ci ha mostrato gli
eventi della storia, l'amore, la guerra, il futuro... mille futuri
possibili! Il cinema che è nato semplice, ma ha saputo già da subito
metter terrore coi grandi classici dell'horror (Frankeistein,
Nosferatu, Freaks), ha saputo nel silenzio del muto e nel fascino del
bianco e nero far ridere come mai più si è riso grazie al "gigantesco"
Chaplin; ha saputo immolare la storia dei popoli per risvegliare lo
spirito di nazioni e grandi paesi. In eterna metamorfosi, il cinema,
che nasce muto e ombroso (fine Ottocento), che cresce nel sonoro e nel
colore (anni Trenta e Quaranta), che s'ingigantisce negli effetti di
riproduzione (anni Settanta), che diventa irraggiungibile grazie alle
tecnologie virtuali (anni Novanta)... Ma che mai perde il fascino della
fantasia, benché nel suo correre attraverso le infinite migliorie,
abbia spesso e troppo ceduto alle lusinghe del botteghino e del consumo
di massa, diventando prodotto, e non più arte. Ma quale magia,
d'altronde, non l'ha fatto? Quanti artisti hanno voluto vendersi ai
tempi? Quali altri traguardi il cinema supererà attraverso i tempi è
ancora da scoprire: a tutt'oggi, però, ci si può degnamente
accontentare dei tanti capolavori che ha già creato!

L.C.

 


Le grandi fasi del cinema


Come ho accennato nell'introduzione sopra, questi approssimativamente
cento anni di cinema possono essere divisi in grandi aree d'influenza e
trasformazioni, ognuna caratterizzata da elementi prettamente tecnici,
da rivoluzioni di pensiero e tematiche, da indimenticabili interpreti e
da indelebili regie. Ho provato nei seguenti paragrafetti a raccontare
in grandi linee della storia della cinematografia, attento a non
dimenticare le grandissime firme d'autore, che sono poi la base
incancellabile di questo secolo di cinema.


La prima fase, che in realtà dovrebbe comprendere anche gli ultimi
dieci anni dell'Ottocento, si sviluppa in un fenomento di massa solo
nei primi venti-trenta anni del Novencento. L'arte che regna
incontrastata è quella del muto...

Il cinema Muto

La seconda fase, dalla fine degli anni trenta agli anni sessanta, può
essere intesa come un'area storica di grandi mutazioni, una fascia di
transizione in cui le vecchie tecniche sono ancora presenti, ma stanno
già lasciando il passo a due mutazioni indispensabili alla
cinematografia: il sonoro e il colore.

Il periodo di transizione

Questa terza fase cresce verso la fine degli anni '60 per maturare con
pienezza solo negli anni '70 e '80. E' l'epoca delle profonde
trasformazioni culturali e tematiche...

Il periodo delle mutazioni

Si tratta dell'ultima fase della cinematografia, quella moderna,
recente e recentissima, che si sviluppa per tutta la durata degli
anni '90 fino ad oggi. E' il periodo degli effetti speciali e della
produzione commerciale del cinema.

 

Il cinema moderno

Il cinema muto

Dopo i primi decenni di esperimenti e tentativi, l'arte cinematografica
cominciò ad assestarsi pienamente dai primi dieci anni del nuovo
secolo, soprattutto in alcune nazioni: Inghilterra, Germania, Francia,
Stati Uniti e Russia. In particolare, prima che gli Studios
Hollywoodiani cominciassero a perpetuare un vero e proprio monopolio
sul cinema mondiale (ossia fino agli anni '40-'50 circa), la migliore
produzione veniva dalla Germania, e dagli anni Venti anche dalla
Russia. Il cinema di quegli anni era, come si sa, caratterizzato da un
bianco e nero obbligatorio e dall'arte del mimo, poiché il sonoro
necessitava di qualche anno prima di potersi imporre. Ciò spiega il
fatto che non era possibile produrre un grande varietà di tematiche;
particolarmente tre erano presenti nel cinema di quegli anni: la
tematica politica, la tematica comica e la tematica orrorifica. Per
quanto riguarda la prima, i motivi sono chiari: sia Germania che
Russia, e così i paesi occidentali, avevano necessità, dopo la Prima
Guerra Mondiale, di catalizzare l'attenzione delle masse a temi
patriottici e spesso, nazionalistici. Senza contare, certo, quelli
prettamente politici, che proponevano, a mo' di prova, delle storie
esplicative e propagandistiche. Si può ricordare a questo proposito
soprattutto il regista sovietico, spesso finanziato addirittura dal
Partito Comunista e dal Governo, Sergeij Eisenstein: un grande
ideatore, letteralmente creatore di nuove tecniche e di nuove riprese,
che modificò profondamente l'accezione del cinema di quegli anni. I
suoi capolavori, tutti a tematica politico-propagandistica, che si
basavano spesso su avvenimenti e situazioni storiche, hanno
rappresentato un grandissimo passo avanti per la comunicazione di massa
filmica: "Ottobre", "La corazzata Potemkin" e "Alexander Nevsky"
(URSS, '38) sono dei gioielli di arte, con scene innovative e divenute
celeberrime: una per tutte la battaglia sui ghiacci dell'"Alexander
Nevsky", a tutt'oggi ancora un esempio importante, forse insuperato. E
così la rivolta dei marinai del sottomarino Potemkin, che ancora
rappresenta un perfetto esercizio di camera, soprattutto per quanto
riguarda inquadratura di grandi spazi. Il cinema muto d'ispirazione
politica, comunque, si fece strada anche in Germania, culminando nel
grandissimo film di fantascienza sociale "Metropolis" (Germania, '26)
di Frizt Lang, vero e proprio maestro del cinema tedesco di
quell'epoca. Per quanto riguarda invece il cinema dell'horror, bisogna
dire che fu forse quello dalla tematica più in voga all'epoca, tanto
che moltissimi dei classici del terrore, tutt'ora riproposti,
rielaborati e spesso addirittura copiati, sono realmente classici
insuperati. Il tutto perché, non esistendo effetti speciali
particolari, e neanche il sonoro, tutto il terrore, l'ansia e
l'angoscia delle atmosfere dovevano essere espressi dai visi, dalle
inquadratura, dalle scenografie, rendendo il tutto particolarmente
impressionante. A questo proposito sarebbe impossibile non ricordare il
grandissimo "Nosferatu il vampiro" (Germania, '22) di Friedrich Murnau,
anch'esso tedesco, regista di quello che fu il primo, e migliore
vampiro della storia del cinema (insieme forse a quello di F. Ford
Coppola del 1992). A questo grande classico, si possono accostare altri
grandissimi film muti dell'epoca: "Frankeinstein" di James Whale
(USA, '31), "Dracula Primo" di Tod Browning (USA, '31) (in cui spicca
un grandissimo e storico Bela Lugosi), "Freaks" anch'esso di Browning
(USA, '32), "La mummia" di Karl Freund (USA, '34), "King Kong" di M. C.
Cooper e E. B. Schoedsack (USA, '33). Si può dire che quegli anni di
cinema furono davvero monopolizzati dalla tematica horrorifica; ma
parallelamente si sviluppò la grande arte del sorriso, ossia del cinema
comico. Meastri assoluti di questa sublime arte sono certamente Charlie
Chaplin, e la coppia di Oliver & Hardy (in Italia, Stanlio e Ollio).
Certo questi non sono gli unici comici del cinema muto, ma sono coloro
che sicuramente incarnano la grandezza di quell'arte non semplice. Di
Charlie Chaplin si potrebbe elencare un'infinità di corto e
lungometraggi risalenti a questo periodo, nonostante i suoi più grandi
capolavori siano da cercarsi nel periodo più tardo in cui il muto
cominciava a scomparire. Ed è fuori di dubbio che col muto andava anche
morendo il suo più magico personaggio, il celeberrimo vagabondo
Charlot, eroe di mille avventure metropolitane, sempre tra il comico e
il tragico, tra la risata più sana e le lacrime più sentite. Quel
vagabondo che per antonomasia era muto, che con le sue facce
incredibili, magiche e uniche nella storia di tutta la cinematografia,
e che con l'avvento del sonoro avrebbe lasciato il passo a personaggi
nuovi e certo meno affasciananti e "umani". Non fu proprio così,
invece, per Stanlio e Ollio: la coppia, famosa in tutto il mondo, si
fece sì strada nel muto, ma trovò il maggior compimento nel sonoro.
Sono indimenticabili infatti le loro voci (o meglio le voci del
doppiaggio), onnipresenti a tutt'oggi nei programmi televisivi di tutto
il mondo. La loro paradossale simbiosi è stato il punto forte della
comicità che proponevano: due personaggi opposti e contrari, uno magro
e l'altro grasso, uno tonto e l'altro fintamente furbo, entrambi sempre
coinvolti in situazioni assurde che riuscivano a superare grazie ad un
comicissimo fato! Probabilmente, dopo questi tre grandi attori, il
cinema non è più stato lo stesso; e di certo non c'è più stata la sana
comicità che essi avevano proposto con così storico successo. Non deve
poi essere dimenticato un grande idolo del cinema muto, che morì
precocemente nel 1926, ma che riuscì ugualmente a mettere il suo
indelebile marchio nella storia del cinema: Rodolfo Valentino.
Bellissimo e non statunitense, ottenne un clamoroso successo proprio in
America; divenne un mito di prorompente sensualità, nonostante tutte le
censure e le limitazioni dell'epoca. Il suo più importante film è stato
forse proprio il suo ultimo: "Il figlio dello sceicco". Con due grandi
classici, infatti, nasceva un cinema nuovo: "Biancaneve e i sette nani"
di Walt Disney e "Via col vento" di Victor Fleming...

Il periodo di transizione

Negli anni '30 il cinematografo si era già profondamente radicato
nell'elenco dei prodigi tecnici della Nuova Era, arrivando lentamente a
coinvolgere tutti gli strati della popolazione, e imponendosi come
l'arte della gente comune, poiché data la semplicità di comprensione,
poteva essere apprezzata da tutti. Ed è proprio verso gli anni '40 che
il cinema arriva ad una sua tappa fondamentale, che sarà destinata a
modificare definitivamente la tecnica di produzione delle pellicole:
furono infatti perfezionati i metodi per accostare alle immagini il
sonoro, e d'altra parte si era potuto sperimentare con successo
il "technicolor", recentissima invenzione statunitense che permetteva
di leggere a colori le immagini prima proiettabili esclusivamente in
bianco e nero. Tra le prime pellicole che godettero di entrambi
questi "miracoli" (che per la verità all'epoca suscitavano non troppo
entusiasmo soprattutto fra i grandi capisaldi del vecchio cinema, primo
fra tutti Charlie Chaplin) furono due immensi classici del cinema
mondiale, entrambi produzioni statunitensi: nel 1937 "Biancaneve e i
sette nani" (che tra le altre cose fu anche il primo lungometraggio
animato) di Walt Disney e mel 1939 "Via col vento" di Victor Fleming,
melodramma storico per decenni record d'incassi e di successo mondiale.
Questi due film pionieristici si dimostrarono subito un'investimento
clamoroso, e soprattutto una definitiva vittoria del cinema
statunitense contro quello europeo. La Germania, sconfitta e
demoralizzata dalla Prima Guerra Mondiale, perde il primato mondiale
della produzione, e così Russia ed Inghilterra. Gli Studios
Hollywoodiani diventano il nuovo "mito americano", il quale, con
profondo intuito da parte di produttori e politici, diventa
precocemente trampolino di lancio per la famosa propaganda pro-
capitalismo degli anni antecedenti la Seconda Guerra Mondiale. Ma,
proprio come specificato nel titolo di questo paragrafo, gli anni che
vanno dai '40 ai '60 restano un periodo di profonda transizione: se da
un lato il bianco e nero aveva perfezionato la sua messa a fuoco e le
sue tecniche, essendo così un metodo sicuro di fare film, e di farli
anche molto bene, d'altra parte il technicolor portava con sé un'aria
nuova, futuristica e indubbiamente affascinante, benché molto più
dispendiosa ed insicura. Ed è forse proprio per questo che in paesi un
poco arretrati come l'Italia il bianco e nero continuò ad avere
supremazia assoluta fino a metà degli anni '60. Del grande Totò, ad
esempio, praticamente tutte le pellicole sono prive del colore, e così
tanti dei successi degli anni '50 di Pasolini e Visconti, Monicelli e
Risi.
C'è da dire che comunque la tecnica bene assestata del non-colore
restò ben radicata anche nel cinema Hollywoodiano, che proprio in
questi anni (seppur con motivi apparenti diversi: propaganda politica
anti-tedesca ed anti-comunista prima, elogio del capitalismo e del
mondo americano dopo) aumenta esponenzialmente la produzione
cinematografica. E lo stesso Chaplin, re del muto, è costretto ad
adattarsi, dimostrando il suo genio anche in questa grandiosa fase del
cinema americano. E fra tanti insuccessi e film di poco conto, troviamo
dei veri e propri capolavori di sempre: primo fra tutti, come non
citarlo, "Viale del tramonto" (USA, '50), di Billy Wilder. E poi i
musical di Gene Kelly, Fred Astaire e Ginger Rogers; i gialli
mozzafiato di Alfred Hitchcock; i miti eterni di James Dean, Marlon
Brando, Brigitte Bardot, Ingrid Bergman, Marlene Dietrich, Greta Garbo,
Ava Garden, Rita Hayworth, Audrey Hepburn, Grace Kelly, Jack Lemmon,
Elizabeth Taylor, Cary Grant, Clarke Gable... e Marilyn Monroe,
ovviamente... Davvero, se si dovesse parlare in particolare di ciascuno
d'essi, non basterebbero intere ore, e ugualmente per commentare i loro
film, o i registi geniali di questi film. Ma non si possono non citare
il celeberrimo "Casablanca", di M. Curtiz (USA, '42); "Eva contro Eva",
con le due strepitose Bette Davis e Anne Baxter (USA, '50); "Cantando
sotto la pioggia", di e con Gene Kelly (USA, '52)... e quanti altri?!
Ma alcune parole a parte vanno senz'altro spese per il vero genio,
registico ed interpretativo, di questa fase del cinema: Orson Welles.
Se del muto il re incontrastato fu Chaplin, del periodo di transione il
dominatore fu Welles. Questo perché la sua inventiva sconfinata, la sua
perspicacia, il suo tono sempre "perfettamente polemico", di critica
alla società, e la sua abilità incontestabile sia davanti che dietro la
macchina da presa, impose una nuova concezione di cinema, ma
soprattutto mutò la necessità delle vecchie tematiche. Welles per primo
scrollò l'idea di un infertile sentimentalismo che da decenni il cinema
si portava dietro, trasfromandolo in una vera e propria macchina
comunicativa, d'impatto e di discussione con, e spesso contro, la
cultura e la società. E il suo lavoro più importante, dirompente e
storico è certamente "Quarto Potere", da molti ritenuto il più
importante film di tutta la storia della cinematografia.
E mentre negli States si diffondeva questo cinema nuovo, che
dall'Europa sembrava irraggiungibile, proprio dall'Italia venne una
risposta forte, benché ancora in via di perfezionamento. Alla grande
comicità di Totò, che all'epoca fu il primo italiano del cinema ad
essere un poco conusciuto all'estero, si affiancarono grandi attrici ed
attori e grandi registi, che non raramente superarono per stile e
tematiche le produzioni statunitensi. Basti pensare ad attrici come
Sophia Loren, Anna Magnani e Gina Lollobrigida; o ad intepreti come
Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Vittorio Gassman; e a registi come
Vittorio De Sica e soprattutto al grandissimo Federico Fellini, re
incontrastato del cinema italiano. Insomma, come si può capire, questo
lungo periodo che in alcuni stati durò meno, in altri di più, fu forse
la vera fase d'oro di tutti e cento gli anni dell'arte cinematografica.
Infatti, benché i capolavori non manchino neppure nelle altre fasce,
sicuramente è in questa che troviamo le maggiori espressioni, le più
forti spinte a produrre cinema d'autore, innovativo non solo nelle
tecniche, ma anche nei contenuti, spesso critici e corrosivi senza
mancare di indubbia educazione al gusto (che fin troppo costantemente
mancherà in seguito). Nonostante tutte, nuove ed importanti
trasformazioni stavano sopraggiungendo all'orizzonte della storia della
cinematografia: soprattuto per ciò che riguardava le tematiche sociali,
politiche e stilistiche.

Il periodo delle mutazioni

Questo periodo va grossomodo dalla fine degli anni '60 alla fine degli
anni '80, ed è caratterizzato da una lunga serie di mutamenti,
soprattutto per quanto riguarda effetti speciali e, forse anche più
importante, per ciò che concerne l'idea che si comincia ad affermare
sul ruolo del cinema come unico svago da un lato e come strumento di
dibattito sociale dall'altro. Andiamo per gradi: prima di tutto bisogna
dire che quella che fu la più grande rivoluzione insieme al sonoro,
ossia il colore, diventa definitivamente la tecnica usata senza remore,
nonostante in principio i risultati non siano eccellenti come quelli
che si avranno a partire dagli anni '80. Tutto ciò comporta che una
sterminata serie di registi cominci lentamente a svanire nel
dimenticatoio, e purtroppo in questo periodo, che personalmente
considero il peggiore della storia del cinema (benché anch'esso abbia i
suoi capolavori indiscussi), vengono messi da parte anche i grandissimi
successi e lavori d'autore degli anni passati. Questo avviene forse non
tanto per l'abitudine ormai presa al colore, ma piuttosto per il fatto
che gli eventi del '68-'69 (ovvero della rivoluzione culturale) avevano
forse inaspettatamente aperto un nuovo orizzonte al cinema: superando
il classico horror, il comico, la storica commedia wellesiana e forse
andando definitivamente oltre i personaggi-mito come James Dean e
Marilyn Monroe, lo spettatore degli anni '70 e '80 probabilmente
cercava qualcosa di più distensivo, di meno autoritario e forse anche
di meno contenutistico, ossia preferiva vedere qualche commediola di
bassa lega, spesso (come di vedrà) colma di doppi sensi a carattere
erotico. Questo è un particolare molto rilevante, per quanto possa
sembrare grottesco: è come se in questi anni, sulla scia della
rivoluzione culturale, si cercasse anche nel cinema un punto di sfogo
per la libertà sessuale, in cui i nudi arrivavano per la prima volta
nelle pellicole di autori più o meno celebrati, e in cui le tematiche
erotico-sessuali, spesso mascherate da strutture documentaristiche,
sembravano, in particolare in Italia, occupare la maggior parte degli
autori. Nasce così una folta schiera di interpreti destinati unicamente
a questo genere di commedie (pensiamo al nostrano Lando Buzzanca), e di
conseguenza all'inflazione di produzione, una grandissima quantità di
film meno che mediocri. Eppure, pensando ad esempio a "Ultimo tango a
Parigi", di Bernardo Bertolucci (Italia, '72), con un gigantesco Marlon
Brando, possiamo notare come anche la tematica sessuale possa venir
trattata da un regista di grande stile senza necessariamente cadere
nello squallore. C'è da considerare anche che questi sono gli anni in
cui il mezzo comunicativo fondamentale diventa sempre più il
televisore, e che è proprio al fine di venire venduti alle verie
televisioni, che si producono una serie sconfinata di film di serie B.
Un'altra importante tematica che s'impone in questo periodo è
certamente quella fantascientifica, forse incentivata dalle continue
missioni nello spazio USA-URSS, che coinvolgevano all'epoca
l'attenzione del grande pubblico, e quindi soprattutto dal traguardo
americano dello sbarco sulla Luna (1969). A questo riguardo è d'obbligo
ricordare un grandissimo capolavoro di colui che s'imporrà come il
maggior regista moderno dopo Welles: Stanley Kubrick, che nel 1968
celebra il suo genio con "2001: odissea nello spazio". Questo film,
oltre che rendere estremamente filosofica tutta la tematica
fantascientifica, con uno stile e una capacità intuitiva inimitabili,
apre anche la strada a quella che viene considerata la seconda
rivoluzione tecnologica del cinema, dopo quella del sonoro e del
colore. Infatti in questo periodo si cominciano a sperimentare tutta
una serie di nuove tecniche di ripresa che consentivano di modificare
le immagini impresse nella pellicola in maniera all'epoca spettacolare.
Le sole immagini in cui l'astronauta di 2001 cammina a testa in giù nel
settore della navicella rappresentano un gigantesco passo avanti per
tutta la storia del cinema. Bisogna poi ricordare certo anche film più
recenti, come "Blade Runner" del nuovo maestro Ridley Scott,
e "Brazil", di Terry Gilliam; entrambe pellicole in cui la tematica
fantastica si fonde con precisi messaggi sociali e culturali. Ma questo
è anche il periodo delle preoccupazioni sociali, e in tutti i paesi si
cominciano a produrre film di protesta: si può così pensare a "Il
fascino discreto della borghesia", (Francia, 1973), un'ironica e
spietata accusa ai falsi valori moderni. Oppure ancora a Kubrick, e
alla sua immensa "Arancia meccanica", shockante accusa ad una civiltà
sempre più violenta, subdola e insensanta; o ancora, un po' più vecchio
ma in piena sintonia con questo cinema, "Il laureato", di Mike Nichols,
con un indimenticabile Dustin Hoffman (USA, '67) Ma risale a questi
anni anche uno dei maggiori colossal della storia del
cinema, "Apocalypse now", del meastro Coppola. Questa geniale denuncia
alla guerra vietnamita, condotta con stile e con un immenso dispendio
di dollari, diventerà un'incona, forse anche per la maestosa e
indimenticabile interpretazione dell'ancora mitico Brando. Va poi
ricordata la nascita artistica di alcuni importantissimi intepreti che
faranno monopolio vero e proprio nel cinema moderno: evidentemente
alludo a Robert De Niro, Al Pacino, Harrison Ford, Dustin Hoffman e
Gerard Depardieu, i quali, ciascno con le proprie particolari
caratteristiche intepretative, s'imporranno come colonne portanti del
cinema d'autore moderno, lavorando appunto coi più influenti registi
attuali: Scorsese, Coppola, ecc. In Italia si possono ancora celebrare
i fasti di registi quali Visconti, Bertolucci, Leone, Pasolini e
soprattutto Fellini (vedi pagina sul periodo di transizione), ma anche
di Zeffirelli e Tornatore; nonostante la presenza produttiva di questi
maestri non ostacoli la dolagazioni di pessime pellicole non-d'autore.
E come si può scordare la nascita del mitico "Fantozzi", ragioniere
sfortunatissimo, allegoria storica di un'Italia tragicomica e
grottesca, interpretato (e c'è bisogno di ricordarlo?!) dal grande
Paolo Villaggio.
Si potrebbero certo fare altri illustri esempi (come quello di Wim
Wender per la regia in Germania), ma è mi sembra più giusto delineare
davvero questo periodo come un punto di caduta del cinema, che benché
sappia ancora produrre lavori incommensurabili, di contro produce anche
una quantità immensa di delusioni e inutilità, che nonostante tutto
saranno fonte di grande guadagno per le case produttrici americane e
non solo.

 


Il cinema moderno


...Dopo quasi cento anni di storia, il cinema arriva ai nostri giorni,
profondamente mutato, nell'aspetto e nella sua finalità. Sono lontani i
tempi delle deliziose comiche morali, delle esortazioni sociali, dei
ricordi storici: la cinematografia, perdendo via via l'onore di venir
chiamata arte, cade a semplice passatempo, a prodotto di mercato, a
ulteriore mezzo pubblicitario, con pochi, rari meriti. Eppure,
nonostante il consumismo infrenabile, che ha corroso e corrode il
significato profondo del cinema, anche questi ultimi dieci anni hanno
visto luminosi astri sia dietro che davanti la macchina da presa, che
sempre più spesso è lo schermo di un computer. Già, perché
semplificando questo decenni di cinema moderno, si può dire che'esso
sia caratterizzato esclusivamente da inimmaginabili effetti speciali,
che tolgono il fiato, e da tutta una serie di eccessi che neppure
l'anticonformista Pasolini in Italia avrebbe immaginato. Per quanto
riguarda gli effetti speciali si potrebbero fare numerosi esempi:
dai "Jurassik Park" (USA, '93, '98 e '01) di Spielberg ai
fantascientifici "Indipendence Day" (USA, '96) e "Man in Black"
(USA, '97); dal gigantesco "Titanic" (USA, '98) al nuovo metodo
Disneyano, anch'esso assalito dalla febbre virtuale, dei "Toy Story"
(USA, '95 e '98). Insomma, un cinema che perde tutto, anche il senso
più nobile di trama culturale onnicomprensibile, ma che mantiene solo
la faccia... e che faccia! Dopo la decadenza insopportabile del cinema
anni '80, nei '90 gli schermi si colorano di immagini mai viste, di
navi spaziali che sembrano bucare i teli delle sale, di mostri ed
esplosioni ed affondamenti e suoni da far saltare lo spettatore sulla
poltrona! Tutto un baraccone di rumori in stereofonia e di creazioni
virtuali mozzafiato che non lasciano speranza allo spettatore di avere
un attimo di tregua: fondamentalmente, una maschera per nascondere la
vuotezza di contenuti, che sembrano essere stati esauriti tutti nei
capolavori datati anni '50. E oltre alle infinite creazioni di effetti
tecnologici, ogni mese più perfetti, si delinea un'altra maschera per
il cinema moderno: quello del "non-limite". L'indegno cinema soft-
erotico degli anni '80 impallidisce davanti all'irriverenza di questo
ultimo decennio: il nudo è d'obbligo, il sesso è esplicito, tanto che
anche le più dolci storie d'amore in genere si concludono in un epilogo
di dieci minuti di sesso, e la violenza diviene così gratutita da non
far più nessun effetto: il cinema che non ha più nulla da raccontare ha
bisogno, per catalizzare l'attenzione del grande pubblico, di stupire,
e non importa se negativamente. O si riempino le due ore di immagini
meravigliose, per quanto inutili, oppure si trattano (male) tematiche
impressionanti: stupri, violenze, guerre, invasioni aliene... tutto pur
di non lasciare spazio perché qualcuno si accorga dell'insensatezza di
ciò che ha visto.
Ma certo, non si possono ridurre dieci anni di cinema in maniera tanto
univoca, senza rendere onore ai fatti, e quindi è giusto annotare anche
i buoni traguardi del cinema attuale: prima di tutto, la grande libertà
d'espressione che sembrerebbe intrinseca in questo periodo, ha permesso
a numerosi giovani registi di affrontare molte tematiche spesso in
precendenza lasciate da parte per paura della poca partecipazione del
pubblico: razzismo e nazismo, olocausto e genocidi storici più o meno
recenti spopolano anche fra i registi più importanti di questi anni,
costituendo un grande elenco di film-documetaristici che fanno
conoscere a grandi e piccoli l'orrore di quegli anni. Ultimo fra tutti,
il grande successo italiano di Roberto Benigni, "La vita è bella"
(Italia, '97), delicato tragicomico di un riscattato attore, che, forse
sulla scia del mitico Chaplin, sa far sorridere e commuovere anche i
più alienati statunitensi. Oltre alla storia recente, celebrata anche
in buoni film come "Salvate il soldato Ryan" (USA, '98), un'altra
tendenza è quella di impressionare lo spettatore con ben costruiti
thriller, primo fra tutti il mitico "Il silenzio degli innocenti"
(USA, '90), con una preziosa Jodie Foster, dal quale discenderanno
numerose copie, e che proprio dopo dieci anni produce il suo seguito,
nonostante indegno rispetto al primo ("Hannibal", nel 2001 nelle sele
di tutto il mondo). E ancora è tendenza ben radicata quella di mettere
in scena classici della letteratura (ad esempio "I miserabili" di
Hugo), come già fecero negli anni precedenti Kubrick e altri maestri. E
purtroppo proprio nel '99 il mondo del cinema perde il suo ultimo
caposaldo, Kubrick appunto: ma non prima che ci donasse l'ultimo,
ennesimo capolavoro, l'onirico "Eyes Wide Shut", (GB, '99). Tornando
all'analisi del cinema moderno, in piena sincerità, bisogna dire che è
difficile tracciarne con certezza i confini: la positiva libertà
creativa, che spesso però sfocia in piena illogicità, ha portato il
cinema ad esprimersi in tutti i campi, senza nessuna paura di
pregiudizi politici o sociali, e forse anche spinti ad eliminare
definitivamente questi pregiudizi. Questa è di certo la meta
fondamentale raggiunta dal cinema moderno: aver compreso che anch'esso,
non differentemente dal teatro, dalla pittura e dalla musica, ha
bisogno di una spinta fantasiosa e creatrice non indifferente per
ottenere risultati sempre nuovi. In questo certo supera gli anni che lo
precedono giacché, nella più totale apatia, s'era incagliato in
mediodri manifestazioni sconclusionate. Si affrontano così di petto
tematiche come quelle dell'oppressione politica, della decadenza
sociale americana, dell'omosessualità, della religione, della storia
con la più trasperente indipendenza dal giudizio dei critici e dei
benpensanti.
I più importanti registi di questo periodo sono per lo più
statunitensi: Coppola, Scott, Gilliam, Altman, Burton, Scorsese,
Spielberg, ecc. (vedi la sezione della Homepage sui Registi); e
ugualmente per quanto riguarda gli attori: per le donne, certo Maryl
Streep, Jodie Foster, Nicol Kidman, Julia Roberts, Michelle Pfiffer; e
per gli uomini i giovani Johnny Depp, Matt Damon, Brad Pitt e Leonardo
Di Caprio; e i "già grandi" Robert De Niro, Al Pacino, Anthony Hopkins,
Jack Nicholson, Harrison Ford, Tom Hanks, Robin Williams, Denzel
Washington, ecc. (vedi la sezione della Homepage sugli Interpreti). Per
quanto riguarda l'Italia certamente dietro la camera vanno ricordati
Bertolucci, Tornatore e Zeffirelli; ma anche i più "giovani" Aldo
Giovanni e Giacomo (record d'incassi nel '98), Verdone, e il già citato
Roberto Benigni, che rappresentano la generazione dei "fact-totum",
ossia di coloro che fanno non solo da registi, ma anche da
sceneggiatori ed attori, nei propri film. Mi piacerebbe poi ricordare
tre grandi personaggi del cinema italiano, nonostante non sia stato
questo ultimo decennio il loro "periodo d'oro": Vittorio Gassman,
Marcello Mastroianni ed Alberto Sordi, che proprio nel 2000 ha compiuto
80 anni.
Abbiamo delineato dunque dieci anni di cinema che tra alti e bassi ha
dato qualcosa di certamente nuovo e fresco a quest'arte così martoriata
dal "virtual world" e dall'home video (pressante macchina commerciale
che produce per il solo scopo di vendere, senza alcun interesse
artistico o culturale), ma che a parer mio dovrebbe forse prendersi la
responsabilità di guardare un po' ai fasti passati per comprendere cosa
era veremente cinema, e cosa del cinema verrà sempre ricordato a
prescindere dal colore, dal sonoro e dall'anno in cui hanno fatto la
proprio comparsa sugli schermi. Ossia, che si osservino i grandi
maestri della prima metà del secolo per scorgere nuovi spunti e nuove
tematiche più degne dell'arte del cimatografo... (vedi comunque la
breve sezione della Homepage sui più interessanti film recenti).


Tratto da: http://web.tiscalinet.it/storiadelcinema

HOME PAGE