Dopo il successo ottenuto con "Io non ho paura", il duo Salvatores/Ammaniti torna alla carica con una nuova pellicola che , ancora una volta, trova il suo punto di forza nel rapporto padre-figlio,qui inglobato in una piena complicità, che a tratti sfocia in una morbosa dipendenza,

differentemente dal precedente lungometraggio, incentrato, al contrario, su un aspetto conflittuale e quasi di sfida, tra un figlio impavido, onesto e un padre codardo, pronto a calpestare l'innocenza di un bambino per il dio denaro. Due le differenze fondamentali: il tema dell'emarginazione , qui sviluppato non solo dal punto di vista di "classe" ma anche analizzato sotto l'aspetto emotivo e l'ambientazione: mentre "Io non ho paura" si svolgeva nelle campagne assolate della Basilicata, la vicenda di "Come Dio comanda", al contrario, si dipana in una landa desolata del Nord-Est Italia, avvelenata dal fumo delle ciminiere, che si diffonde in un cielo sempre grigio, violentando i tetti spioventi di piccole case a due piani. Un luogo anonimo, silenzioso e freddo; freddo come la neve che ne ricopre le strade, freddo come gli stessi cittadini che vi abitano. Ma a riscaldare questo scalpo di terra, condannato alla solitudine, a causa della povertà di buon cuore con cui si nutrono i ricchi, ci sono Rino e suo figlio Cristiano. Il loro è un rapporto crudo e dolce allo stesso tempo e per questo più vero, rispetto all' algida ipocrisia che contraddistingue i loro concittadini. Rino e Cristiano odiano con amore e amano con odio; attraverso la violenza tentano di combattere le leggi di una società fin troppo avara di  abbracci e soprattutto di compassione. E quest'ultimo aspetto riesce a toccare l'animo dello spettatore attraverso Quattro Formaggi, l'amico demente dei due protagonisti. Un uomo che vive in sintonia con la sua ossessione per i presepi e per una pornodiva, di cui vede e rivede non le scene "hard", bensì il viso bianco come ceramica, soffocato da capelli biondo platino, che appare nei titoli di testa di uno dei suoi tanti film e che rivolge un bacio sensuale alla macchina da presa. Un bacio che Quattro Formaggi crede indirizzato a lui, tanto da costruire due braccia di gomma ai lati del televisore, fingendo così che quegli arti appartengano alla sua amata Ramona. Una scena pateticamente toccante, in cui il bisogno d'affetto di un simile personaggio, si rivela un pugno nello stomaco per quella stessa società che promuove ogni giorno cocktail audiovisivi in cui l'aggressività fisica, in termini sessuali, la fa da padrona, relegando i baci e le passeggiate mano nella mano, ad una banale e idiota scorpacciata di cioccolatini andati a male.

Tutto ciò, insomma, fa sperare, già dai primi minuti della pellicola, di assistere ad una storia veramente appassionante, poichè gli ingredienti ci sono tutti, compresa l'indiscussa abilità registica di Salvatores. Purtroppo, già nella prima metà, Salvatores sembra non essere in grado di far brillare la densa polvere creativa a sua disposizione. Nonostante alla stesura dello script abbia partecipato lo stesso Ammaniti, il film , spesso, zoppica tra incongruenze narrative(come  Quattro Formaggi che si aggira indisturbato nell'ospedale ,con tanto di pistola) e macchine fisse troppo a lungo sul viso malinconico e corrucciato di Cristiano o sul pesaggio fangoso e triste. La sequenza sotto la pioggia battente risulta coinvolgente quanto inquietante, certo, ma protratta per un numero eccessivo di minuti, appare, in alcuni momenti, stancante e forzata. Questo perchè la suspence presente sicuramente in tale sequenza, viene , in alcuni momenti, svilita da una lentezza narrativa che ben poco si concilia con un simile momento di pathos. Anche la colonna sonora appare gradevole ed in sintonia con il racconto ma anche quest'ultima, in più di un'occasione si rivela invadente e fuori luogo, lasciando poco spazio ai silenzi, i quali, a volte, risultano assai più affascinanti della staticità visiva e, appunto, narrativa.

Ma questi aspetti possono anche essere degradati al rango di "dettagli", quando la narrazione si dimostra accattivante dall'inizio alla fine. Ma non è il caso di "Come Dio comanda". Salvatores non riesce a mantenere coerente la scelta "Buoni personaggi, buona storia", ed è un vero peccato: gli ingredienti di base, infatti, sono come bambini vogliosi di latte materno, pronti a crescere belli e paffuti. Ma Salvatores li nutre a base di Coca cola, arrivando a corroderne l'intima genuinità. Sia ben chiaro: la pellicola risulta comunque interessante, originale e come già detto, commovente , grazie ai personaggi, o meglio, grazie SOLO ai personaggi. Questi ultimi, infatti, non possono reggere una pellicola con le loro sole forze: necessitano di un plot solido e , ancora una volta, accattivante. "Come dio comanda", nel complesso, guadagna l'etichetta di bel film; allo stesso tempo, si gioca l'opportunità di poter essere considerato un bellissimo film, a causa di quella sensazione che, all'uscita del cinema, porta ad un'inevitabile quanto drammatica considerazione:"Si poteva fare molto di più".