di Claudio Lindner
Sì: nel 2007 la pressione fiscale sarà più alta. Ma fra tre anni le aliquote scenderanno. Grazie alla lotta agli evasori. Parla il ministro dell'Economia. Che lancia un 'patto tra i produttori'
colloquio con Tommaso Padoa-Schioppa
Tommaso Padoa-Schioppa
Tommaso Padoa-Schioppa non si scompone. L'attacco concentrico, le critiche vivaci piovute sul governo dopo la presentazione della Finanziaria non sono "sopra la norma" e il lavoro di questi ultimi giorni, alla vigilia dell'approdo in Parlamento, è servito a chiarirsi prima con i Comuni, poi con le Regioni, la Confindustria, i rappresentanti di commercianti e artigiani. Arrivando, volta per volta, a individuare i ritocchi necessari per un compromesso. "Una volta", commenta il ministro dell'Economia seduto nello studio in via XX settembre assieme a Francesco Alfonso, suo più stretto collaboratore, "si diceva che il romanzo è un genere letterario imperfetto per definizione, non può essere come un sonetto in cui tutto è perfetto. Così è la legge finanziaria. Nel romanzo la signora entra in salotto vestita di rosso, poi quando si descrive il momento in cui esce improvvisamente è vestita di blu perché l'autore si è dimenticato che era vestita di rosso. Incoerenze di questo tipo sono sempre rilevabili anche nella Finanziaria e il processo parlamentare serve a correggerle". Padoa-Schioppa fa un bilancio con 'L'espresso' di questi 15 giorni sulle montagne russe della Finanziaria, parla di pensioni, rilancia e spiega il patto per la crescita e la produttività. Quello che, sottolinea, è ora la priorità.

Ministro, cominciamo con la Finanziaria. Qualche errore è stato commesso?
"Non lo escludo, ma è anche comprensibile visto che si tratta di un documento vasto e complesso. Esso ha comunque altissime probabilità di passare in Parlamento, con correzioni ma senza stravolgimenti".

Verrà posta la fiducia?
"La decisione verrà presa dal governo. L'imperativo è che si rispettino i tempi parlamentari e i connotati generali della Finanziaria. Molto dipende da come si comporterà l'opposizione".

La Finanziaria è piaciuta più a Bruxelles e alla Banca centrale europea che in Italia. Grazie ai suoi stretti rapporti in Europa?
"In realtà non ho avuto contatti con Francoforte né Bruxelles nelle tre settimane antecedenti la presentazione del documento. Ho parlato con Juncker, Almunia e Trichet solo a Lussemburgo, all'Ecofin, all'inizio di ottobre. Non prima. Sono tre persone che conosco benissimo, ma non avevo motivo specifico di riferire loro prima della presentazione della Finanziaria. Almunia verrà in Italia la settimana prossima. So quali erano gli impegni presi con Bruxelles dal governo precedente, noi li abbiamo mantenuti".

Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, non è stato molto generoso con lei, ha detto che ci sono troppe tasse e poche riforme
"Non mi aspetto che il commento del governatore sia ispirato da generosità o avarizia; deve essere piuttosto obiettivo, tecnicamente rigoroso e non influenzato da valutazioni politiche. La sua è stata un'analisi complessa, non priva di valutazioni positive, della quale condivido alcuni aspetti, altri meno".

L'opinione di Draghi è confermata dai sondaggi di opinione, per esempio quello fatto dalla Swg per l'ultimo numero de 'L'espresso'.
"Sensazioni e percezioni possono essere importanti, ma possono essere parziali o sbagliate. Prima che alle sensazioni, dobbiamo guardare alla verità dei fatti. La manovra netta sulle entrate rappresenta una quota minima dell'intera Finanziaria, tra un quinto e un sesto. Quello che ora bisogna evitare, come secondo round, è una drammatizzazione dei tagli. Prima le economie di spesa non sono state viste, oggi rischiano di essere male interpretate".

Si riferisce alle polemiche sui tagli alla scuola?
"Non mi piace l'espressione tagli perché trasmette un'idea esclusivamente contabile e monetaria dello Stato e non rende ragione della funzione dello Stato come soggetto che presta servizi alla cittadinanza. Non si dà meno istruzione, ma si distribuiscono le risorse in modo più oculato, secondo i piani del ministro Fioroni. La scuola è il futuro del paese, nessuno vuole tagliare. In una situazione caratterizzata da un enorme esodo di insegnanti dal sistema scolastico e moltissimi precari, si può contemporaneamente ridimensionare il numero totale di insegnanti, per esempio collocando in maniera diversa gli inidonei e i soprannumerari, e assumere stabilmente molti precari. Fioroni è riuscito in un'operazione di questo tipo su circa un terzo del personale di oltre 3 milioni che lavora nel settore pubblico: è la smentita a chi dice che non si è fatto niente dal lato della spesa e la conferma che si possono conciliare le esigenze di economie di spesa, di riduzione del precariato e di mantenimento della qualità dell'istruzione. Lo stesso discorso si può fare per difesa, giustizia e altri settori".
Il centrodestra sostiene che la manovra aumenta la pressione fiscale del 2 per cento e agita lo spettro della fuga di capitali in vista della nuova tassazione sulle rendite.
"A me non risulta alcun fenomeno di fuga di capitali. Nella Finanziaria ci sono provvedimenti che esistono già da tempo in altri Paesi in forma anche meno mitigata della nostra. L'aliquota marginale massima, per esempio, da noi è più bassa che in gran parte d'Europa. Le ipotesi su cui si lavora per l'imposta sulle rendite finanziarie non penalizzano gli investimenti in Italia. Qualcuno può avere la cattiva idea di alimentare fenomeni di paura, qualcun altro può crederci. La pressione fiscale complessivamente vedrà nel 2007 un incremento, ma questo deriva in gran parte da un aumento del gettito dovuto al recupero di evasione, non da un aumento delle aliquote. E qui vorrei sottolineare un punto che mi sta a cuore".

Dica.
"Mi creano un certo disagio i toni di allarme e di minaccia con i quali si percepisce il problema dell'evasione. Dovrebbe essere il contrario: di rassicurazione per tutti... Se l'evasione viene riassorbita, vuol dire che le aliquote fiscali potranno scendere. Ho detto che gli evasori violano il settimo comandamento, ma per fortuna l'Italia è un paese dove, per la grandissima parte, vivono contribuenti onesti".

Quando potranno scendere le aliquote?
"È possibile che a partire dal terzo anno si comincino a vedere gli effetti. Ma l'emersione del sommerso deve prima avvenire e confermarsi. Poi bisogna essere pronti rapidamente, alleggerendo il peso delle aliquote. La lotta all'evasione è una redistribuzione, non un appesantimento fiscale".

Come sono i primi segnali?
"Il 2006 ha un andamento incoraggiante da questo punto di vista".

Ministro, parliamo di pensioni. Il governo ha firmato con i sindacati un documento e da gennaio parte la trattativa. Con quali obiettivi?
"Nel documento c'è un'indicazione fondamentale: il problema delle pensioni è diventato il problema dei giovani. Primo perché essi dedicano una quota esorbitante di quello che guadagnano a mantenere i pensionati attuali e quindi lavorano per gli altri e non abbastanza per se stessi. Secondo perché la pensione che stanno accumulando con i loro contributi sarà probabilmente insufficiente. Non è dunque solo un problema pensionistico, ma di solidarietà intergenerazionale, in definitiva è un problema di compattezza della società nel tempo. Per fortuna abbiamo una soluzione".

Quale?
"L'aspettativa di vita si è allungata e l'anzianità attiva si è molto accresciuta anche solo negli ultimi dieci anni. Una persona in età di pensionamento, se la salute la sorregge, è desiderosa di restare nel sistema produttivo in senso lato. Non significa per forza continuare il lavoro che ha fatto per 30-40 anni, può voler dire svolgere altri compiti utili alla società e all'economia. È come se avessimo un'immigrazione nel mercato del lavoro rappresentata dalla terza età. Combinando queste due cose si può immaginare che ci siano più risorse di lavoro per l'economia, alleggerimenti di spese sul sistema pensionistico, un maggiore afflusso di contributi e di introiti fiscali. Nel documento, per esempio, si esplicita l'abolizione del divieto di cumulo tra pensione e lavoro, in modo da far emergere parte del lavoro nero. Una riforma potrebbe frenare una crescita, che altrimenti sarebbe molto forte per i prossimi 10-20 anni, del rapporto tra spesa pensionistica e prodotto interno lordo. Si libererebbero così risorse per finanziare altri aspetti dello Stato sociale".

E cioè?
"Per gli ammortizzatori sociali, che oggi sono molto carenti rispetto ad altri paesi. In Italia esiste solo la cassa integrazione, con caratteristiche molto peculiari. Possiamo dare allo Stato sociale un pezzo che gli manca. Se si vuole separare la flessibilità dal precariato, è necessario che nella fase in cui non si lavora (assumendo l'idea che l'impiego non sarà più fisso per tutta la vita) vengano garantiti la costituzione di contributi pensionistici e un sostentamento minimo. A patto che non si perda l'incentivo a cercarsi un altro lavoro".
Lei è d'accordo ad alzare l'età pensionabile?
"Il punto chiave è che la vita attiva possa prolungarsi e che questo processo debba avere caratteristiche di flessibilità e di volontarietà, con un sistema di incentivi. Il problema della soglia dell'età pensionabile va visto in questo contesto".

Nella Finanziaria ci sono provvedimenti per lo sviluppo e la crescita.
"Dei quali purtroppo si parla meno: il cospicuo taglio del cuneo fiscale per aziende e lavoratori, la rimozione di distorsioni alla concorrenza dovute all'evasione (le imprese che non pagano le tasse fanno concorrenza sleale), il fondo per la ricerca, i fondi per le imprese, il credito d'imposta nel Mezzogiorno con l'introduzione di criteri automatici e non più discrezionali. Da molti anni non si faceva così tanto per il Sud. E poi i finanziamenti alle infrastrutture, strade e ferrovie".

In prospettiva lei punta a un grande patto con imprese e sindacati. Sulle tracce di quello siglato da Ciampi nel '93?
"Bisogna arrivare con le parti sociali a un patto per la crescita e la produttività. Quello di Ciampi aveva come cardine la stabilità dei prezzi. Oggi l'obiettivo è la crescita e la variabile chiave è la produttività, un sistema di impegni reciproci tra governo e parti sociali. Lo Stato deve dare servizi migliori, giustizia più rapida, garantire infrastrutture, e più concorrenza. Ma anche avviare un discorso di produttività estremamente determinato per quanto riguarda il settore pubblico".

Le imprese e i sindacati?
"L'impresa deve dare investimenti orientati alla crescita dell'occupazione e della produttività. Il mondo del lavoro deve aiutare ad allargare l'occupazione e non solo a migliorare le condizioni di chi è già occupato. Quindi gli elementi per un nuovo patto ci sono, la volontà c'è. Adesso che la Finanziaria sta viaggiando in Parlamento, questa è diventata la nostra priorità. Affrontiamo il rinnovo del contratto del pubblico impiego come parte di questo discorso sulla crescita".

In termini pratici cosa chiedete ai sindacati del pubblico impiego?
"Il discorso è appena cominciato. È chiaro che se lo Stato, con i suoi tre milioni di dipendenti, guarda a se stesso come a un produttore di servizi, vede che c'è una problematica di produttività analoga a quella di un'industria o di un'azienda che produce servizi venduti sul mercato".

Ma calcolare la produttività nel settore pubblico non è facile.
"È vero, ma esistono in vari campi confronti internazionali con l'uso di specifici parametri".

In conclusione, ministro, qual è, secondo lei, il messaggio forte da trasmettere agli italiani?
"L'idea forte è quella di ridare al paese fiducia nei propri mezzi, di non trovarsi perennemente a rischio di declino, di scivolare in serie B. È un fatto di ambizione collettiva. Nella comunicazione con le persone lo sento un problema molto condiviso. Sento meno fiducia tra gli osservatori e i commentatori che tra le persone comuni".