Scioperi, il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri apre la strada a crescenti limitazioni anche in altri settori

 

IL disegno di legge approvato ieri dal Consiglio dei ministri persegue palesemente due finalità: rendere oltremodo difficile l'esercizio del diritto di sciopero nel settore dei trasporti, e in specie far sì che diventi pressoché impossibile per la Cgil indire da sola uno sciopero nel settore; aprire la strada a crescenti limitazioni del diritto di sciopero in altri settori.


Cominciamo da quest'ultimo punto. Tutti parlano (compreso il sito del ministero del Lavoro) del provvedimento in questione come di un disegno di legge delega per la riforma del diritto di sciopero nel settore dei trasporti. In realtà nel testo della legge delega la parola trasporti non esiste. Sia nel titolo che in vari articoli si parla sempre di "libera circolazione delle persone" e di "diritto alla mobilità".
È vero che si tratta d'una revisione della legge 146 del 1990, che in tema di tutela della libertà di circolazione menziona esplicitamente i trasporti pubblici autoferrotranviari, ferroviari, aerei, aeroportuali e marittimi. Resta il fatto che insistendo in più punti sul diritto alla mobilità e sulla libertà di circolazione, senza mai far riferimento ai trasporti, la nuova legge amplia di molto il suo ambito di applicazione. Infatti è possibile che libertà di circolazione venga lesa da molte altre attività che con i trasporti pubblici, i treni, gli aerei o le navi hanno poco a che fare.

D'altra parte la legge delega non fa mistero dell'intenzione di andare molto al di là del settore dei trasporti propriamente inteso. L'articolo1, comma 2/j, prevede infatti il "divieto di forme di protesta (sic) o astensione dal lavoro in qualunque attività o settore produttivo (sic) che, per la durata o le modalità di attuazione, possono essere lesive del diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione". Questo articolo apre alla volontà repressiva del legislatore oggi, e domani del giudice, spazi sterminati.
Gli addetti ai rifornimenti d'una nave in partenza per la Sardegna, che dipendono da una società di catering e non dalla società padrona della nave, sono in sciopero e la fanno ritardare di un giorno o due? Secondo la nuova legge, è chiaro che ledono il diritto alla mobilità dei passeggeri. Sono in sciopero i tecnici dell'Airbus o della Boeing che dovevano fare determinate verifiche o briefing di aggiornamento, senza le quali gli aerei un certo giorno non possono partire? La libertà di circolazione di coloro che avevano acquistato i biglietti per quel giorno risulta evidentemente compromessa. Ergo quei tecnici, pur appartenendo a un altro settore produttivo, hanno violato il divieto dell'articolo in questione (ovvero di quelli che lo trasporranno nei decreti delegati).
Può davvero portare molto lontano, l'articolo 1 del ddld sulla libera circolazione delle persone, nel limitare la libertà di sciopero.
Per quanto riguarda il settore specifico dei trasporti, è chiaro che dal momento in cui il disegno di legge delega diventasse legge e poi decreto attuativo, i sindacalisti del settore, nessuno escluso, potrebbero dedicarsi ad altre incombenze. La proclamazione di uno sciopero diventa per chiunque un'impresa improba, oltre che non poco rischiosa per le possibili conseguenze sanzionatorie. Per intanto, se vuol dichiarare uno sciopero un sindacato deve vantare a priori un grado di rappresentatività superiore al 50% "a livello di settore".
Il limite pare fatto apposta per tagliar fuori la Cgil, poiché se il limite fosse di qualche punto inferiore in diversi settori dei trasporti forse ce la farebbe. Ma oltre all'ostacolo della percentuale di iscritti sussiste quello di stabilire quale sia il perimetro esatto di un determinato settore; compito diventato difficile per chiunque a causa della frammentazione di tutti i settori dei trasporti in gran numero di aziende aventi statuti differenti.
A norma del disegno di legge delega, quando il grado di rappresentatività sia inferiore al 50%, o non determinabile, è d'obbligo procedere a un referendum preventivo. A una condizione: l'organizzazione che lo indice deve avere un grado di rappresentatività superiore al 20%. Fatta una simile fatica, se mai qualcuno ci riesca, lo sciopero sarebbe sì autorizzato, ma potrebbe anche non essere legittimo. Per ricevere questo riconoscimento bisogna infatti che lo sciopero abbia ricevuto il voto favorevole del 30% almeno dei lavoratori interessati. Non basta. Lo sciopero potrebbe essere magari votato dalla quota richiesta dalla legge, e però configurarsi ancor prima di aver luogo come un solenne fiasco. Questo perché i contratti di lavoro o le regole da emanare in seguito dovranno prevedere nulla meno dell'adesione preventiva allo sciopero stesso del singolo lavoratore.
Per cui ecco la sequenza: prima il lavoratore vota pro o contro la proclamazione dello sciopero, oppure si astiene; poi prende atto che lo sciopero si può fare, o no; e a questo punto trasmette a qualcuno, oppure no, una dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero stesso. Nell'insieme, visto che l'intento del disegno di legge delega risiede palesemente nel rendere in pratica impossibile proclamare uno sciopero nei trasporti, il Cdm poteva anche risparmiarsi la fatica di varare un testo con cinque articoli e dozzine di commi e paragrafi. Bastava una riga: lo sciopero nei trasporti è vietato.
Questa cosiddetta riforma godrà presumibilmente di un vasto consenso popolare. Vari elementi portano in questa direzione. L'articolo 40 della Costituzione è insolitamente striminzito e lascia tutto lo spazio alla legislazione. La legge che regola gli scioperi nei servizi pubblici è vecchia di vent'anni. Gli scioperi proclamati troppo di frequente da alcune dozzine di autisti di autobus o qualche centinaio di ferrovieri o piloti d'aereo o assistenti di cabina hanno recato innumerevoli disagi a moltissime persone. Però il disegno di legge in questione non ha nello sfondo questi elementi. Ha invece tutta l'aria di prenderli a pretesto per ridurre gli spazi di libertà, di protesta, di manifestazione di gran parte del mondo del lavoro. E' probabilmente tardi; ma forse bisognerebbe riuscire a dire forte e chiaro al governo che per riformare l'attività sindacale nel settore dei trasporti questa strada è sbagliata.

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