I DATI 2005 dell’Associazione italiana registri tumori. Secondo l'Airtum il Sud si avvicina, in peggio, al Nord
Il big killer del polmone uccide meno uomini e più donne

 

 

MILANO – Cresce il numero dei casi di tumore diagnosticati ogni anno in Italia, ma l’aumento è in gran parte dovuto all’invecchiamento della popolazione e alla diagnosi precoce, che permette d’individuare la malattia nei primissimi stadi, quando è ancora curabile.

 «Fatti questi conti, dunque, l’incidenza sta calando. Mentre i malati sopravvivono sempre più a lungo, grazie alle cure sempre più efficaci a disposizione. E la mortalità diminuisce», commenta Eugenio Paci, Segretario nazionale dell’Associazione italiana registri tumori (Airtum http://www.registri-tumori.it/), che ha presentato oggi i dati italiani sull’incidenza e la mortalità per patologia tumorale aggiornati al 2005. Ma c’è una nota negativa: le regioni meridionali, storicamente più protette nei confronti del cancro (soprattutto per lo stile di vita e l’alimentazione più corretti), stanno man mano perdendo il loro vantaggio nei confronti del resto d’Italia.

250MILA NUOVI CASI OGNI ANNO - Non esistono dati osservati per l’insieme della popolazione italiana, ma solo stime. E queste parlano di 250mila nuove diagnosi di cancro nelle persone fino a 84 anni di età nel corso del 2008 (circa 132mila negli uomini e 122mila nelle donne). In media, si valuta che una persona ogni due abbia la probabilità di avere una diagnosi di tumore nel corso della vita (tra 0 e 84 anni). Dieci anni fa erano 225mila i nuovi casi e si sfioravano i 130mila decessi annuali, mentre ora la mortalità è scesa intorno ai 122mila casi.

UN AUMENTO SOLO APPARENTE – Non tutti i tumori sono in crescita. Anzi, per la maggior parte delle neoplasie le diagnosi annuali stanno diminuendo. «Questo apparente paradosso – spiega Paci - è dovuto al fatto che l’incremento registrato è riconducibile in gran parte a due fattori: il principale è l’invecchiamento della popolazione. Man mano che la vita si allunga, infatti, aumenta anche la probabilità di ammalarsi. Se nelle prime decadi di vita la frequenza dei tumori è nell’ordine di grandezza delle decine di casi ogni 100mila persone, e dai 35 anni arriva al centinaio, dopo i 60 anni si supera il migliaio di casi ogni 100mila. E poi, c’è l’effetto della diagnosi precoce, che contribuisce ad anticipare il momento della diagnosi». Di fatto, quindi, se si escludono l’effetto invecchiamento e i carcinomi di seno, cervice e colon retto e prostata (per i quali esistono programmi di screening organizzato), il numero di tumori diagnosticati ogni anno è in diminuzione (con alcune eccezioni, come il cancro del polmone tra le donne).

I TUMORI PIU’ DIFFUSI - Tra gli la forma più di frequente (a partire dai 45 anni di età) è il carcinoma della prostata (18,5 per cento dei nuovi casi), che ha ormai superato quello polmonare, in costante diminuzione. Un terzo delle neoplasie diagnosticate ogni anno nelle donne colpisce invece il seno, ma fa la sua comparsa - tra le prime cinque neoplasie femminili - anche il tumore del polmone, che è purtroppo in costante crescita. La causa? Ovviamente la grande diffusione delle sigarette anche fra donne e ragazze. Se si considera l’intera popolazione, senza distinzione di sesso, il tumore in assoluto più diffuso, dopo gli epiteliomi cutanei, è quello del colon retto, seguito da mammella, prostata e polmone.

LA RIDUZIONE DELLA MORTALITÀ C’È, MA NON SI VEDE – Chiarisce Paci: «La mortalità per il complesso dei tumori è in riduzione. Questa diminuzione sarebbe ben visibile se l’età media della popolazione fosse la stessa di 10 anni fa, ma in questa decade la popolazione italiana è invecchiata, facendo aumentare il numero di decessi oncologici e impedendo di percepire la riduzione reale del fenomeno». Si è passati, infatti, dai 311,4 decessi annuali ogni 100mila abitanti del triennio 1993-1995 ai 266,5 rilevati nel 2003-2005. Secondo gli ultimi dati nazionali Istat disponibili, riferiti al 2006, i decessi dovuti a tumori sono circa 170mila: poco più di 96mila tra gli uomini e 71mila tra le donne. In media, si valuta che un uomo ogni tre e una donna ogni sei abbiano la probabilità di morire a causa di un tumore.

I BIG KILLERS – Le neoplasie che uccidono di più? Nel periodo 2003-2005, per gli uomini, il tumore del polmone (27,6 per cento), del colon retto (10,7) e della prostata (8,5). Mentre per le donne al primo posto è il tumore della mammella (16,3 per cento) seguito da quelli del colon retto (11,9) e del polmone (10,3).

DIFFERENZE REGIONALI – Persistono delle differenze geografiche, ma secondo gli esperti potrebbero non durare a lungo: nel Sud dell’Italia il rischio di ammalarsi (e di morire) di cancro è ancora minore rispetto alle regioni del Centro e del Nord, ma l’andamento è ormai verso l’uniformazione. «Lo dimostra il fatto – conclude l’esperto – che il rapporto dei tassi di incidenza fra Nord e Sud nel periodo 1993-1995 era fino a 20 punti percentuali più elevato di quanto non lo sia nel 2003-2005. Tutta colpa dell’urbanizzazione crescente – con il conseguente inquinamento – e della crisi della dieta mediterranea, abbandonata per un’alimentazione molto meno salutare». Se si confrontano i dati italiani con quelli degli altri Paesi, infine, risulta che sia la frequenza di neoplasie sia la mortalità per tutti i tipi di tumore tra gli uomini è sovrapponibile a quella rilevata nei paesi del Nord Europa e degli Stati Uniti. Per le donne, invece, sembra valere ancora un modello «mediterraneo» grazie al quale sia l’incidenza che la mortalità risultano leggermente inferiori.

 

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