La linea della fermezza continuerà fino a quando non saranno cessati gli sbarchi ha assicurato Maroni. Per la Cei la multiculturalità in Italia esiste di fatto

 

La linea è una sola: chi non entra nelle acque territoriali italiane "sarà rispedito da dove è venuto".

Parola di Roberto Maroni, ministro dell'Interno che arrivando a Vicenza agli Stati Generali della Lega non usa mezzi termini: "la linea della fermezza, in materia di immigrazione, continuerà finchè gli sbarchi non cesseranno". "E oggi il secondo "respingimento" nel giro di poche ore nel Mediterraneo ad opera di motovedette italiane. Sono stati riportati a Tripoli, a bordo del pattugliatore Spica della Marina Militare i migranti, tra i quali 42 donne e due neonati, soccorsi ieri a sud di Lampedusa, in acque internazionali. MARONI. "Abbiamo cominciato cinque giorni fa - ha sottolineato il ministro - Sino a oggi abbiamo respinto oltre sei barconi per oltre 500 clandestini che sarebbero dovuti essere ospitati da noi".

STATI GENERALI DELLA LEGA. E agli stati generali della Lega nessuno nasconde l'entusiasmo per le operazioni in mare e per l'appoggio incondizionato dato dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi alla linea dura del Viminale con il suo no all'Italia multietnica. "Stiamo facendo proseliti", ha detto Umberto Bossi per poi aggiungere: "la sinistra che respingeva i gommoni dall'Albania adesso attacca Maroni forse perché i suoi risultati erano scarsi".

LA TELEFONATA DI MANGANELLI A MARONI. Questa mattina Maroni ha ricevuto una telefonata dal capo della polizia Antonio Manganelli:" e quando chiama il capo della polizia sono sempre un pò preoccupato - racconta il titolare del Viminale. Per fortuna questa volta mi ha detto "ministro, le confermo che alle 8.15 abbiamo riportato a Tripoli altri 240 clandestini".

APPLICATO IL PRINCIPIO DI RESPINGIMENTO. Maroni ricorda che, dopo 10 mesi di trattativa complicata con la Libia, si è potuto iniziare ad applicare il principio del respingimento: "Sulle acque internazionali che sono di tutti e di nessuno non possiamo lasciarli? Bene non facciamo altro che riportarli da dove sono venuti". Una linea prevista proprio da quelle normative internazionali che "noi applichiamo rigorosamente".Il responsabile del Viminale ha sottolineato che non si tratta "di una novità assoluta ma lo è nei confronti dei paesi nord africani e in particolare della Libia. Se noi riusciamo a invertire il corso - ha spiegato Maroni dal palco di Vicenza - chiudiamo la falla, l'emorragia dalla Libia e almeno possiamo dire che la piaga dell'immigrazione clandestina potrà essere risolta così come abbiamo promesso in campagna elettorale".

RESPINTI GLI ATTACCHI E LE ACCUSE. Il ministro Maroni ha anche ricordato gli attacchi e le accuse rivolti ai leghisti proprio in tema di immigrazione. "Siamo stati accusati violentemente perché l'accordo con la Libia non funzionava, adesso che funziona continuano ad attaccarci. Posso garantire che le critiche e le accuse mosse da qualche rappresentante dell'Onu che non è l'Onu o di organizzazioni cattoliche che non è il Vaticano, mi entrano da un orecchio e mi escono dall'altro". Gli extracomunitari respinti saranno trasferiti in un centro di detenzione libico così come avvenuto giovedì scorso per gli altri 227 accompagnati a Twescha, a 35 chilometri da Tripoli.

CEI. L'Italia è già multiculturale. E la sua molteplicità di culture, che "esiste di fatto", rappresenta un "valore". La Cei - per voce del suo segretario generale, Monsignor Mariano Crociata - non entra direttamente nel merito nel dibattito che si è aperto nelle ultime ore. Ma punta i riflettori sul tema, mettendo in guardia sui rischi da evitare e la strada da percorrere: la costruzione di una società "interculturale" deve essere "inserita in un rigoroso rispetto della legalità, necessaria garanzia per l'integrazione". E, soprattutto, bisogna evitare "un'accozzaglia disordinata e sregolata" di culture e presenze perché - ha spiegato all'Ansa Monsignor Crociata - così non "si cresce insieme".

LA RICERCA DELLA CONVIVENZA. I flussi migratori, in continuo aumento, impongono invece la ricerca di un modello di convivenza in cui "il problema - ha spiegato il prelato - è il modo in cui le culture e le presenze si rapportano". Anche alla luce della sempre crescente necessità di integrare le seconde generazioni di immgigrati. Crociata ha osservato che il nostro Paese "vive già e non da oggi una realtà di intercultura", elemento che di per sè costituisce "un valore". Promuovere un valido modello di integrazione è necessario, ha aggiunto spiegando il percorso da seguire: bisogna "partire da un tessuto storico, sociale e culturale comune che costituisce il volto, l'identità di un paese" senza "cancellare l'identità di ciascuno" ma nemmeno teorizzare "un'irreale parificazione che è cosa diversa dall'eguaglianza".

NO AL LIVELLAMENTO DELLE CULTURE. In un paese come l'Italia, che ha una lunga storia alle spalle di migrazioni e di incroci culturali e che "non da oggi" vive "nell'interculturalità" si manifesta infatti un rischio, quello del "livellamento delle culture". "L'appiattimento - ha ribadito Crociata - non aiuta lo stare insieme, anzi lo distrugge". E' così necessario "coordinarsi all'interno di un orizzonte di fondo condiviso, di un tessuto comune che avvolga tutti, anche chi viene" da fuori, come gli immigrati.

RISPETTO DELLA LEGALITA'. Processo che deve avvenire, ha ribadito l'esponente della Cei "in un rigoroso rispetto della legalità, necessaria garanzia per l'integrazione". Nei giorni scorsi i vescovi italiani - che sulla questione dell'immigrazione da tempo chiedono che si adotti una linea capace di coniugare sicurezza e legalità - avevano fatto sentire la propria voce attraverso il direttore dell'Ufficio per la pastorale degli immigrati della Cei, padre Gianromano Gnesotto, che non ha nascosto le sue preoccupazioni per i contenuti del pacchetto sicurezza del governo, giudicati lesivi dei diritti umani degli immigrati.

 

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