I dati della politica italiana non smettono mai di sorprendere.

Sono passati mesi dalle elezioni europee e un anno e mezzo dalle politiche. In questo periodo è successo di tutto e di più. Eppure lo specchio è sempre quello. Gli elettori di sinistra sono più o meno il 40%, quelli di destra il 50% e, in mezzo, c'è l'Udc con il suo 6%. Questo è in sintesi il quadro che emerge dal sondaggio Sole 24 Ore-Ipsos. Ma dietro i grandi aggregati le novità non mancano.

Il Pd è in crescita di quattro punti rispetto alle europee e il Pdl di tre. La sinistra radicale scende. Di Pietro perde qualcosa come l'Udc. Si accentua, dunque, ulteriormente il bipolarismo, se non addirittura il bipartitismo. Se si votasse ora, comunque, vincerebbe ancora Berlusconi.
I cambiamenti più interessanti sono all'interno degli schieramenti. Come detto la tendenza è quella al rafforzamento dei due partiti maggiori. Ma mentre nel centro-sinistra il Pd sembra crescere a spese della sinistra radicale e in parte dell'Idv, nel centro-destra il Pdl non cresce a spese della Lega. Il partito di Bossi continua a godere di oltre il 10% dei consensi anche con un Pdl al 38 per cento. Questo perché il Pdl cresce al Sud e non al Nord. I dati mostrano chiaramente che la sua base elettorale è sempre più meridionale. Nel Centro-Sud che comprende sia Abruzzo che Campania il partito del Cavaliere sfiora addirittura il 50% dei consensi. Non è azzardato ipotizzare che dietro una percentuale così alta ci siano i rifiuti di Napoli e le macerie dell'Aquila. Ma anche nel resto del Sud il Pdl sopravanza il Pd di 16 punti percentuali.

Il Nord invece è un'altra storia. Fa impressione vedere che nel Nord-est Pdl, Pd e Lega sono praticamente sullo stesso piano, ognuno con circa il 25% dell'elettorato. In pratica in tutto il Nord solo un elettore su tre vota Pdl. Una percentuale ben diversa da quella del Sud. È chiaro che in questa zona del Paese il centro-destra continua ad avere un forte vantaggio nei confronti del centro-sinistra ma qui il Pdl deve fare i conti con la Lega e per un partito che ha il suo baricentro sempre più spostato al Sud la cosa potrebbe causare qualche problema.
I più giovani votano Pdl. Nella fascia di età tra i 18 e 45 anni sono tra il 37 e il 40% contro il 25% circa che vota Pd. Il modesto risultato del Pd è in parte spiegato dal successo dell'Idv che raccoglie il 10% del voto giovanile. Un dato confermato dal fatto che sono proprio gli studenti la categoria che ha espresso il giudizio più positivo sul partito di Di Pietro.

Tra le conferme la più rilevante è il voto degli operai. Qualche tempo fa un altro sondaggio di questo giornale aveva evidenziato come il Pdl avesse sopravanzato il Pd tra gli operai. Nonostante la crisi e la cassa integrazione è ancora così. Il 36% degli operai dichiara di votare Pdl e il 13% Lega Nord. In pratica quasi il 50% degli operai italiani sono orientati a destra. Solo nella categoria degli impiegati e insegnanti il Pd conserva un vantaggio. Ma è troppo poco per essere competitivo. Imprenditori, liberi professionisti, commercianti, artigiani restano un problema per il partito di Bersani. Oltre il 60% dei lavoratori autonomi vota Pdl o Lega. Solo il 22% vota Pd.

Da questo sondaggio comunque il Pd non esce male. La tendenza è positiva. Il 31% delle intenzioni di voto non è troppo lontano dal 33,2% dei voti delle ultime elezioni politiche. È invece l'opposizione nel suo complesso che ne esce malissimo. Il 71% degli intervistati dà un voto negativo sul suo operato. Ma c'è di più. Il giudizio sull'opposizione è molto peggio del giudizio sui singoli partiti che la compongono. Il 41% degli intervistati dà un giudizio positivo sul Pd. I giudizi positivi su Idv e Udc sono rispettivamente il 35% e il 37%. Sono dati – soprattutto questi ultimi – bassi ma comunque superiori a quelli dati all'opposizione nel suo complesso. Tutto ciò sta a indicare che l'elettorato percepisce l'attuale opposizione al governo Berlusconi come un'alternativa poco credibile. E come si fa a dargli torto? Dov'è l'alleanza? Dove è il programma comune? E allora qui troviamo almeno una parte della spiegazione al fenomeno della tenuta di Berlusconi e del suo governo. In una democrazia bipolare il consenso va a chi sa esprimere leadership e unità di intenti. Berlusconi lo ha capito da tempo. Gli altri no.

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