| Parla Carlo Jean, ex consigliere militare del Presidente della Repubblica | 
              
               
                  | "Il nostro Paese ha una propensione nazionale all'intervento" | 
              
               
                  | L'Italia e la guerra, un rapporto sempre soffocato tra contorni incerti | 
              
            
               
              di Patrizia 
                Notarnicola
                            
              
 
                Bellum geritur acquiratur diceva Sant'Agostino. La guerra 
                per ottenere la pace. E' quanto sostengono gli Stati Uniti e i 
                loro paesi alleati per giustificare il nuovo intervento in Iraq. 
                C'eravamo illusi che, dopo la guerra fredda, le leggi internazionali, 
                gli accordi sugli armamenti, il mito della globalizzazione avessero 
                scongiurato il pericolo di un conflitto mondiale. Ma le cose non 
                stanno affatto così. Ne parliamo con Carlo Jean, dal '90 al '92 
                consigliere militare del Presidente della Repubblica, oggi docente 
                di studi strategici alla Facoltà di Scienza Politiche della LUISS 
                di Roma. 
              La globalizzazione favorisce le guerre?
                Esistono diverse teorie fondate sulla convinzione che alla globalizzazione 
                della economia, alla omogeneizzazione degli usi e costumi, alla 
                omologazione portata dalle nuove tecnologie e dalla informazione, 
                corrisponda, per reazione, un fenomeno inverso di carattere identitario. 
                Gli individui hanno bisogno di nuove certezze in un mondo in movimento 
                che muove verso orizzonti sconosciuti. Ecco perciò la riscoperta 
                delle realtà locali che ha portato alla frammentazione degli stati 
                più fragili. Alcuni si sono divisi al loro interno con un divorzio 
                concordato e consensuale (pensiamo alla Cecoslovacchia o al Belgio). 
                I fenomeni di carattere globale non hanno una legittimazione agli 
                occhi della popolazione mondiale. Non esiste nessuna possibilità 
                di governo mondiale, soprattutto nelle zone di frontiera, dove 
                c'è spesso una spaccatura tra cultura, civilizzazioni, religioni 
                differenti.
              Perché gli Stati occidentali intervengono 
                anche nei conflitti locali apparentemente più lontani?
                Hanno un interesse a mantenere lo status quo mondiale, a far 
                sì che il mondo non scoppi politicamente perché altrimenti verrebbe 
                meno anche la globalizzazione economica di cui loro hanno i maggiori 
                vantaggi. Intervengono non per interessi nazionali intesi nel 
                senso geopolitico del termine, non per prendere colonie (oggi 
                costano troppo!). Gli strumenti della geoeconomia, della virtualità 
                consentono di avere più vantaggi di quelli ottenibili con gli 
                strumenti della strategia geomilitare.Per esempio, la regolazione 
                dei costi dei cambi fa guadagnare di più. 
              Perché l'Italia è favorevole alla guerra? 
                
                Contrariamente all'idea di un' Italia "buonista e pacifista" diffusa 
                durante la seconda metà del ventesimo secolo, il nostro Paese 
                ha una propensione nazionale all'intervento, dettata anche da 
                una posizione geopolitica strategicamente cruciale tra l'Europa 
                orientale e l'Europa occidentale e in mezzo al Mediterraneo, una 
                posizione che ci ha portato a subire, quando non ne abbiamo preso 
                l'iniziativa, gli interventi altrui. Oggi l'Italia non ha alternativa 
                rispetto alla scelta di allinearsi con il resto del mondo occidentale 
                di cui vuol far parte, anzi, di cui è parte e nell'ambito del 
                quale deve assumere le proprie responsabilità, pena l'emarginazione. 
              
              Facciamo il punto della situazione sul nostro 
                modello di difesa 
                C'è stato un rinnovamento dal 1995. Grosso modo le nostre forze 
                hanno un livello di addestramento abbastanza comparabile a quello 
                degli altri paesi europei. Ci mancano i maxisistemi (il comando 
                controllo comunicazioni, quello di lunga profondità, di dominio 
                dello spazio) che di fatto nessun altro stato in Europa possiede. 
                Discorso diverso è naturalmente quello americano. C'è da dire 
                comunque che anche la nostra capacità di proiezione di potenza 
                è aumentata. Il passo fondamentale è stato l'abbandono del servizio 
                militare obbligatorio verso la formazione di un esercito professionale. 
                La leva obbligatoria verso la fine degli anni '80 non era più 
                funzionale perché coinvolgeva solo una parte della popolazione 
                (gli esponenti delle classi sociali più deboli e povere). Non 
                si può legittimare un sistema di servizio militare obbligatorio 
                che è una tassa in natura quando questo sistema colpisce gli strati 
                più poveri e deboli. 
              Come mai in Italia non esiste una agenzia 
                di finanziamento per la ricerca e la difesa? 
                Se da una lato è vero che la nostra industria, affiliata o imparentata 
                a grossi gruppi internazionali, sia europei che americani, ha 
                tutto sommato un buon livello tecnologico nei settori in cui produce 
                componenti, dall'altro le spese di ricerca e sviluppo militare 
                in Italia appaiono minime. Nella maggior parte dei casi sono registrate 
                sotto altre voci di bilancio a carico del ministero dell'Industria 
                o della Ricerca Scientifica. Oppure vengono registrate come costi 
                di approvvigionamento. Quando si sviluppa un carro armato o un 
                incrociatore, le spese di ricerca e sviluppo sono notevoli, ma 
                calcolate in gran parte sul prezzo d'acquisto e non separatamente. 
                La Germania si trova nelle nostre stesse condizioni. Gli unici 
                Paesi che calcolano e registrano i costi di ricerca e sviluppo 
                a parte sono la Gran Bretagna e la Francia in quanto i loro sistemi 
                di contabilità, proprio al fine di incentivare la ricerca e lo 
                sviluppo, sono più facili di quelli utilizzati per la registrazione 
                dei costi di approvvigionamento. 
              Che legame c'è tra la produzione militare 
                e la produzione civile? 
                Molti Stati attraverso la ricerca e lo sviluppo sovvenzionano 
                l'industria civile, cosa che è proibita dalle norme della produzione 
                mondiale del commercio o norme dell'antitrust e dell'antidumping. 
                L'esempio più clamoroso a riguardo è stata la strategia dello 
                scudo stellare di Reagan, tradotta in massicci investimenti in 
                settori non ancora maturi e che poi sono cresciuti a ritmo accelerato 
                dando all'industria americana vantaggi competitivi enormi che 
                spiegano la crescita dell'industria statunitense negli anni '90. 
              
                            
                 
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I 
                          "marines" della cronaca 
                           - Nella lugubre contabilità della guerra ancora 
                          una volta tanti giornalisti - Alto il numero di vittime 
                          immolate sull'altare del diritto all'informazione del 
                          villaggio globale.  
                       
                      -  
                        
                      
 
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                          Chi e' Saddam Hussein?  
                           - Italymedia disegna un profilo biologico del tiranno 
                          di Bagdad - La vita tormentata dell'uomo che Bush ha 
                          deciso di eliminare. Ma a quale prezzo?.  
                       
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Armi 
                          letali al servizio di una "ingiusta" giustizia a tratti 
                          inevitabile?  
                           - La guerra è… giusta … santa … offensiva … difensiva 
                          … tradizionale … fredda … civile … militare … imperialista 
                          … un calendario di orrori umani, che non conosce limiti 
                          di sorta in ogni epoca della storia - * Filosofia * 
                          Religione * Politica - Il mappamondo delle guerre dalle 
                          origini fino a quel tragico 11 settembre 2001. Un'analisi 
                          mirata a chiarire come, quando e perché viene adottato 
                          il conflitto armato a strumento risolutore.  
                       
					  - 
					    
                      
 
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In 
                          tre milioni a Roma per protestare contro la guerra 
                           - Tanti i politici, anche di destra, e gli artisti. 
                          La Rai, tv di Stato di regime, piegata al ricatto padano, 
                          si defila dall'obbligo d'informazione democratica - 
                          Dalla piazza viene la richiesta di soluzioni concrete, 
                          l'alternativa ad un conflitto armato ipocrita.  
                       
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