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La disgrazia colpì Roma cinque anni fa con ventisette morti
Il palazzo della vergogna

A un lustro dalla tragedia la verità di via Vigna Jacobini resta una chimera. Parla il presidente del Comitato Vittime del Portuense che nel crollo perse i genitori e due fratelli

di Caterina Mollica

Crollo Vigna JacobiniRoma. Il 16 Dicembre del 1998 alle 3.06 del mattino, crollava in pochi secondi un palazzo di via Vigna Jacobini uccidendo ventisette persone. Sono passati cinque anni da quel giorno maledetto, il dolore è ancora vivo nei familiari superstiti, negli amici e in tutti coloro che si sono sentiti vicini al dramma di questa tragedia assurda e improvvisa. Nessuno ha pagato per quelle vite, nonostante siano state individuate responsabilità precise, perché, come è noto in Italia, le autorità intervengono solo quando devono rilasciare dichiarazioni e influenzare l’opinione pubblica professando dolore, mentre la burocrazia consente a chi ha pesanti responsabilità di riuscire, sfruttando dei cavilli giudiziari, a farla franca. La tipografia Stilgraf ubicata nel palazzo si era allargata a dismisura occupando quattro appartamenti, tutti i locali commerciali al piano terra, i cortili e il grande sottosuolo provocando, con la sua attività, l’indebolimento e la disgregazione delle strutture e dei materiali. Gli inquirenti hanno stabilito che il crollo è stato provocato dallo sfondamento di un solaio, insieme a quello di un pilastro, che hanno ceduto sotto il peso di un macchinario di due tonnellate e di una montagna di carta stampata. Nonostante la loro attività abbia provocato la morte di ventisette persone, la Stilgraf esiste ancora, con i medesimi proprietari ed opera in altri stabilimenti a Pomezia utilizzando un altro nome. Dopo un lungo periodo di totale disinteressamento, il Comune di Roma si è costituito parte civile in seguito all’elezione del sindaco Veltroni: un gesto molto apprezzato da tutti coloro che sono coinvolti nella vicenda, ma ancora la giustizia non ha assicurato ai familiari i risarcimenti dovuti. Il signor Ferruccio Fumaselli è il Presidente del Comitato Vittime del Portuense. Non ha mai dimenticato il dolore che provò quella notte, quando precipitandosi insieme ai soccorritori estrasse dalle macerie i corpi ormai senza vita dei suoi genitori e dei suoi due fratelli più giovani, di soli 30 e 23 anni. Come afferma egli stesso, è un trauma che lo accompagnerà a vita. Da allora non ha mai smesso di lottare, affinché i responsabili vengano puniti e per non fare mai spegnere le luci su ciò che è accaduto, nonostante tutte le difficoltà e soprattutto le delusioni che è costretto a sopportare. “Dopo quattro anni di processo il Tribunale ha inflitto una condanna di 2 anni e 8 mesi ai colpevoli. Una condanna che suona come una beffa. La farsa è destinata ad andare avanti poiché a febbraio ricomincerà la causa dal momento che gli imputati hanno fatto appello. Non abbiamo ottenuto, fino ad oggi, alcun risarcimento economico né la possibilità di riavere l’alloggio crollato. Sono stati assegnati degli alloggi popolari agli sfollati e sia il Comune che la Regione Lazio hanno erogato un contributo di solidarietà ai sopravvissuti e agli eredi, i quali hanno versato metà della cifra nella cassa comune per finanziare le attività del Comitato. Nessuno ha accennato al recupero della proprietà immobiliare distrutta. Non abbiamo neanche la possibilità di usufruire del terreno dove crollò il palazzo, sul quale noi del comitato avevamo l’intenzione di far edificare una scuola materna. Siamo stati privati dei nostri cari, abbiamo perso la casa e le autorità sono latitanti, ci hanno abbandonato. A Foggia, dove nello stesso anno avvenne il crollo di un palazzo, la Stato ha ricostruito le case. Una disparità di trattamento ingiustificata”. Il signor Ferruccio quella notte doveva fermarsi a dormire dai suoi genitori, ma per caso decise di tornare a casa sua che distava poche centinaia di metri. Ci racconta i nitidi ricordi della notte che ha sconvolto per sempre la sua esistenza. “Alle 7 avevo un appuntamento con mio padre per una visita medica, e lui alle 11,30 mi aveva lasciato un messaggio in segreteria. Nulla lasciava presagire la tragedia, la struttura del palazzo appariva integra e un inquilino del palazzo, Massimiliano Monconi, in seguito mi disse che uscendo di casa venti minuti prima del crollo, alle 3 meno un quarto, non aveva percepito nessuna stranezza. Nella notte mi telefonò il mio amico Paolo, inventandosi una scusa per farmi scendere da casa: non voleva farmi spaventare e mi disse che il padre lo aveva cacciato di casa. Nello stesso istante mi chiamarono al citofono comunicandomi che lo stabile era venuto giù ed io mi precipitai. Crollo Vigna JacobiniDavanti alle macerie avevo già percepito il dramma. Non so chi mi abbia trasmesso la forza per tirare fuori la mia famiglia dalle rovine; dentro di me chiedevo la forza proprio a loro che non c’erano più. Non esprimo la mia disperazione nel pianto, la sofferenza è dentro di me e ho perduto quel giorno metà della mia vita e del mio cuore. Anche le altre persone che hanno perso i propri cari hanno avuto forti disagi psicologici, ma nessuno li ha aiutati, dopo un simile trauma, a reintegrarsi nella società e nel mondo del lavoro, le autorità competenti ci hanno dimenticato. In questi anni ho perso il mio matrimonio, mentre i miei fratelli si sono allontanati perché non vogliono più vivere il ricordo di questa tragedia e proseguire serenamente le proprie vite. Io non ho più nessuno e quello che mi fa andare avanti sono i ricordi e il desiderio di giustizia”. I parenti delle vittime hanno dato vita ad uno spettacolo teatrale per non far mai dimenticare quello che è accaduto e diffondere una coscienza collettiva affinché drammi di questo tipo non si ripetano mai più. La rappresentazione teatrale, dal titolo “Non spostate quel mattone”, viene rappresentata ogni anno con grande successo, uno spettacolo fatto da attori non professionisti, gli stessi familiari delle vittime, con la partecipazione dell’Associazione Italiana Danzatori. Proprio per la sua spontaneità lo spettacolo arriva dritto al cuore e offre spunti di riflessione profondi. Il Comitato Vittime del Portuense si è recato il 26 ottobre a San Giuliano di Puglia per ricordare i 27 bambini scomparsi nel crollo della loro scuola insieme alla loro insegnante, un messaggio di solidarietà verso le vittime di altre tragedie. Il 15 dicembre prossimo il Comitato ha organizzato una fiaccolata commemorativa in via Vigna Jacobini, alla quale ci auguriamo partecipi il maggior numero di persone possibile, comprese tutte le cariche istituzionali sensibili a questo dolore, affinché l’interessamento del Comune di Roma non si limiti solo alla carta stampata.

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