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La musica non fa il monaco


La musica non fa il monaco

 

La musica che ascoltiamo riflette il nostro stile di vita e i nostri comportamenti? Questo è un interrogativo molto interessante a cui un originale psicologo musicale ha cercato di fornire una risposta. Parlo di Adrian North, ricercatore dell’ università di Leicester, che con un test on-line ha tentato di individuare se vi siano strette correlazioni tra genere musicale ascoltato dal soggetto e modi di fare dello stesso. Questo tipo di ricerca suscita parecchia curiosità, poichè mira a stabilire una connessione tra canzoni e persone, cosi da poter classificare l’individuo in base a ciò che ascolta.
Il test, che potete comodamente reperire su internet, si articola in più sezioni, che indagano su molteplici aspetti. Si parte con informazioni di carattere generale su età, occupazione e livello di istruzione, per poi proseguire con fascia di reddito e domande circa la nostra personalità. Successivamente all’interno del test viene chiesto di fornire un indice di gradimento per ogni genere musicale esistente e solo in ultima istanza di indicare quale sia il nostro genere musicale preferito. Il test si conclude poi con numerose domande sul nostro rapporto quotidiano con la musica.
A mio parere è necessario fare alcune considerazioni. Chiunque troverà interessante rispondere ai vari quesiti proposti, e ancor più stimolante sarà leggerne i risultati. Dalle prime conclusioni emergerebbe che i fans della dance-music e dell’Hip Hop avrebbero avuto più di un partner sessuale negli ultimi cinque anni, a differenza dei “fanatici dell’astinenza” che ascoltano musica country. Inoltre chi ascolta dance-music o Hip Hop è sicuramente poco religioso, poco propenso al riciclaggio, molto incline a infrangere la legge, ma tollererebbe aumenti di tasse pur di mantenere intatte le prestazioni sui servizi sociali. Inoltre scopriamo con sorpresa che chi ascolta musica classica fuma costantemente marijuana, e che l’appassionato di musica lirica ha sovente fatto uso di funghi allucinogeni.
Le analisi socio-psicologiche sono importanti, perché permettono di portare alla luce necessità, esigenze e problemi, coadiuvando gli specialisti di un settore nel trovare soluzioni o le istituzioni a elaborare politiche pubbliche. In questo caso però si tratta di un’indagine abbastanza particolare,sicuramente divertente e spassosa, che a mio modo di vedere può tradursi in pericolose e grossolane generalizzazioni, anche perché i risultati del test sono corredati da esaurienti e rigorose percentuali.
Nonostante si tratti di statistiche inconfutabili, poiché i dati parlano chiaro, mi sembra  azzardato dedurre da alcune domande uno stile di vita nel suo complesso e ancor di più sancire collegamenti a unica via  tra musica e personalità. Si traggono troppo spesso conclusioni generali da un semplice “si o no”. Dietro ogni risposta che viene fornita al test esiste una personale motivazione che merita di essere presa in considerazione. Persone che rispondono nello stesso modo possono offrire spiegazioni differenti, giustificando in modo più o meno legittimo le proprie convinzioni e magari esprimendo certezze etiche diverse. Nonostante ciò, queste persone finiscono con l’ingrossare la medesima fetta di percentuale e vengono ricondotte alla stessa categoria. Insomma con il “pericolo della statistica” si finisce per trascurare ogni singolo individuo nel suo complesso e nella sua dignità per inserirlo in un quadro a lui poco consono. Mi sembra di trovarmi di fronte al classico quesito “ma l’abito fa o non fa il monaco?”. Con questa analisi si rischia di rispondere si. Finirete con guardare con sospetto il vostro partner appassionato di dance-music e non vorrete mai accettare una caramella da chi ama la musica lirica. Tutto questo è assurdo e molto pericoloso, forse addirittura discriminatorio. Significherebbe che tutti quelli che ascoltano Metal sono pronti a sacrificare giovani vergini e capretti a satana, o che chi ascolta Hip Hop molto probabilmente scassina macchine nel tempo libero. È pur vero che ogni genere musicale ha una suo complesso culturale alle spalle, ma proprio per questa insita complessità culturale ogni audience di ogni genere esigerebbe un’analisi a parte. Con test ben più specifici scopriremmo che c’è qualcuno che ascolta musica classica solo per rilassarsi e senza nessun “aiuto”, che anche chi ascolta Hip Hop è sicuramente capace di amare per tutta la vita una sola compagna e chi ascolta musica Country può anche essere un latin-lover. La musica è bella per questo, ognuno ci trova il suo personale universo, la sua dimensione e la vive a modo suo. Nessun test, nessuna arida statistica potrà mai definire i caratteri dell’amore eterno tra uomo e musica. Prima di accettare supinamente i risultati di tali ricerche, riflettiamo bene su noi stessi e sugli altri: prima di catalogarli o bollarli in qualche modo consideriamoli prima come persone con una loro personalità e dignità.
Quando si parla di statistiche non può non venire in mente una celebre composizione del romano Trilussa, che già “parecchi” anni fa, faceva notare quanto possano essere devianti certe percentuali:

LA STATISTICA

Sai ched'è la statistica? E' 'na cosa
che serve pe' fa' un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che sposa.

Ma pe' me la statistica curiosa
è dove c'entra la percentuale,
pe' via che, lì, la media è sempre eguale
puro co' la persona bisognosa.

Me spiego, da li conti che se fanno
seconno le statistiche d'adesso
risurta che te tocca un pollo all'anno:

e, se nun entra ne le spese tue,
t'entra ne la statistica lo stesso
perchè c'è un antro che se ne magna due.

Trilussa

Ivo Speziali

 
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