«Alcuni pm politicizzati sono un cancro». Il Csm in una bozza: il blocca processi è incostituzionale

 
UGO MAGRI
ROMA
Il Cavaliere fa una pubblica scenata a Veltroni, il Csm spara a palle incatenate contro il governo. Finisce a brandelli la rete che il povero Napolitano provava a stendere sotto l’Italia: ancora ieri mattina il Presidente della Repubblica lanciava un invito quasi disperato «alla misura e all’equilibrio, nella consapevolezza del danno che porterebbe a ciascuno e a tutti il riaccendersi di una deleteria contrapposizione tra politica e giustizia...». Un messaggio nella bottiglia, lui stesso lo definisce, «non sapendo chi vorrà raccoglierlo». Risposta: dei contendenti, nessuno.

Mentre ancora Napolitano sta confidando queste apprensioni, sale sul palco della Confesercenti il capo del governo. E’ una «tana rossa», ma lo accolgono bene. Ciò libera il Cavaliere dai timori reverenziali. Vede in prima fila Veltroni e il solito «demone» lo afferra. Vira repentinamente, dall’economia alla giustizia. Aveva da giorni in canna una conferenza stampa contro i magistrati, ecco l’occasione. Raccogliendo bordate di fischi (insieme con insospettabili applausi, ricorda il suo aiutante di campo Giacomoni), il premier attacca «alcuni pm politicizzati che sono la metastasi della nostra democrazia». Gesto delle manette, «molti di loro vorrebbero vedermi con le mani legate, ma noi andiamo avanti». Poi prende politicamente a ceffoni il segretario Pd: «Mi indigna quando qualcuno si lascia trasportare dall’ala giustizialista della magistratura, invece di capire il rischio che corre una democrazia in libertà vigilata, tenuta sotto il tacco da certi giudici politicizzati...». A questo punto «il dialogo si spezza, perché non lo vogliamo più noi». Parole di tale violenza, che lasciano esterrefatto Veltroni. «Non c’è commento», scuote la testa.

Più tardi il segretario Pd ci torna sopra. Raccoglie il guanto di sfida del Cavaliere, e pure quello di Di Pietro, che già annuncia una manifestazione per l’8 luglio, in coincidenza con l’esame parlamentare del «lodo» atteso domani in Consiglio dei ministri (sarà un disegno di legge, non un decreto d’urgenza come già il ministro La Russa ipotizzava, per proteggere dalle inchieste le alte cariche dello Stato). Anche noi scenderemo in piazza, conferma Veltroni, però in autunno. La concorrenza dipietrista? «Ognuno fa la sua parte». Con Berlusconi «cambia profondamente la natura dei rapporti. Credo gli sia sfuggito di mano il discorso. Ma quando si hanno ruoli istituzionali bisogna mantenere i nervi saldi. Nessuno in Europa si comporterebbe come lui. Il confronto sul lodo è ormai impossibile, se si fosse voluta aprire una discussione bisognava usare un altro tono».

Sarà guerra totale. E perfino uno tosto come Bossi se ne allarma. Il muro contro muro manderà in fumo il suo sogno di una vita, quella riforma federale che già una volta ha inciampato sul referendum. Sul lodo «ci atteniamo agli ordini di scuderia», storce la bocca il Senatùr. Ma il consiglio all’amico Silvio è di moderarsi: «Meglio volare più bassi, altrimenti qua si litiga e basta».

L’altro strappo lo causa il Csm. O meglio: i relatori sull’emendamento blocca-processi. Hanno preparato un testo da sottoporre alla sesta commissione e quindi al plenum dell’organo di autogoverno. Mancino, il vice-presidente, giusto ieri mattina aveva chiesto riservatezza, niente fughe in avanti. Invece la bozza finisce, non si sa come, sulle agenzie. Vi si sostiene che quelle norme violano l’articolo 111 della Costituzione («non rispettano il principio della ragionevole durata del processo») e sono irragionevoli («lo spartiacque temporale è casuale e arbitrario», così pure la scelta dei reati da sospendere per un anno, «lacunosa e imprecisa»). Di più, «ledono le aspettative delle parti offese». Colpo di grazia al Cavaliere: sarà «una sorta di amnistia occulta che riguarderà oltre la metà dei processi in corso». Costernazione sul Colle, è altra benzina sul fuoco. Una nota del Csm esprime rammarico per la confusione che si crea. Veltroni invece brandisce la bozza: «Ecco i frutti della grande fretta di Berlusconi...».