Napoli - Amava il lusso, i soldi: in tasca, invece che una pistola, aveva 24mila euro in contanti, tutti in banconote da 500. Ai carabinieri che lo hanno arrestato ha detto "siete stati bravi" e poi si è subito arreso.

 E' finita così, in un ristorante di Plaja de Aro, in Spagna, la latitanza del boss della camorra Patrizio Bosti, uno dei trenta latitanti più pericolosi. Bosti, 49 anni, era considerato il capo dell' 'Alleanza di Secondigliano', cartello camorristico, composto dai clan Licciardi, Contini, Mallardo e Bosti. Clan oggi 'decapitato' dice il coordinatore della Dda, Franco Roberti, visto che Bosti era l'ultimo capo che era rimasto in libertà. Che avesse deciso di trascorrere la sua latitanza in Spagna non è affatto un caso: è da lì, secondo i carabinieri del comando provinciale di Napoli, diretti dal colonnello Gaetano Maruccia, che controllava il traffico internazionale di droga, nucleo degli affari del clan.

Quando i carabinieri di Napoli e la Guardia Civil di Spagna hanno fatto irruzione nel ristorante, Bosti era a cena con una quindicina di persone, sia napoletane che spagnole. Ha presentato un documento falso, ma poi si è subito arreso. Senza alcuna resistenza. La sua vita, da latitante, era in tutto e per tutto all'insegna del lusso: un residence con piscina era la sua casa, un'Audi R8 era la sua automobile. Un arresto importante, dunque, che per il ministro degli Interni, Roberto Maroni, "testimonia ancora una volta l'impegno incessante delle forze dell'ordine nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo". Una "brillante operazione", ha sottolineato il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che si é complimentato con il Comandante Generale dell'Arma dei carabinieri, generale Gianfrancesco Siazzu, per il quale l'arresto è stata "un'esemplare prova di efficienza e professionalità". Un arresto, dice Roberti della Dda, che "non sarebbe stato possibile senza la cooperazione internazionale con la Spagna".

Bosti, già latitante dal 2003, era nell'elenco dei 30 latitanti più pericolosi perché condannato nel 2005 dalla Corte di Assise di Appello di Napoli a 23 anni di reclusione per il duplice omicidio dei fratelli Antonio e Gennaro Giglio, avvenuto nel settembre del 1984 nell'ambito della faida tra il clan Contini, di cui Bosti era il reggente dopo l'arresto, un anno fa, di Edoardo Contini, ed i clan Giuliano e Mazzarella. Bosti ha anche precedenti per traffico di stupefacenti, armi, nonché usura ed estorsione. Nelle prossime ore dovrebbe essere estradato. Ma intanto i carabinieri disegnano gli scenari e, soprattutto, i piani che Bosti aveva in mente.

Come quello di 'mettere le mani' su Forcella, quartiere nel cuore di Napoli tra le roccaforti della criminalità, soprattutto dello spaccio di droga. Una 'pista' avvalorata dal legame che Bosti aveva con Elena Bastone, ex moglie di Ciro Giuliano, fratello del boss dell'omonimo clan, da tempo collaboratore di giustizia, Luigi Giuliano, che per anni ha controllato Forcella. Era proprio la famiglia Bastone - alcuni membri erano presenti con Bosti al momento della sua cattura - molto probabilmente a coprire la sua latitanza. Dopo i quartieri di Vasto, Arenaccia, Poggioreale e Capodichino, Bosti mirava, dunque, al cuore di Napoli.

 

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