Marina Petrella, il suo comitato, i suoi difensori, gli amici e i parenti, hanno vinto la battaglia per l'applicazione della «clausola umanitaria»: l'ex brigatista, condannata all'ergastolo in Italia nel 1992 per complicità in un omicidio, non sarà estradata dalla Francia.

Il presidente Nicolas Sarkozy ha già dato disposizione in questo senso al primo ministro, Francois Fillon.

All'origine della decisione, i «motivi umanitari», come ha spiegato Irene Terrel, avvocato di molti fuorusciti italiani degli anni di piombo in Francia. Quelle stesse ragioni sono invocate da mesi dal comitato per la liberazione della Petrella, che si è autobattezzato 'Parole donnee« (Parola data) in riferimento all'impegno preso negli anni Ottanta dall'allora presidente, Francois Mitterrand, di non estradare gli italiani latitanti che avessero rinunciato alla lotta armata e si fossero ricostruiti una vita in Francia.

Irene Terrel, che ha combattuto questa ennesima battaglia soltanto parzialmente al fianco del compagno di vita e di professione Jean-Jacques de Felice, scomparso pochi mesi fa, ha spiegato stamane all'ospedale parigino Saint-Anne che lo stato francese «ha capito che non si poteva dare seguito a questa estradizione». Nel reparto psichiatrico dove è da tempo ricoverata in gravi condizioni Marina Petrella, che da tempo rifiuta di parlare anche ai familiari e chiede notizie soltanto all'avvocato, la Terrel si è felicitata per una decisione »umana, necessaria e legittima«. Le disposizioni di Sarkozy, adottate proprio nelle ore culminanti della preparazione del vertice dell'Eurogruppo sulla crisi finanziaria, sono state comunicate alla Petrella ieri sera tardi in ospedale. Lo stesso Sarkozy aveva sfruttato un altro importante evento internazionale, il vertice del G8 della scorsa estate in Giappone, per annunciare che avrebbe chiesto all'Italia di concedere la grazia a Marina Petrella dopo la sua estradizione.

Il decreto che avrebbe estradato in Italia l'ex esponente della »colonna romana« delle Br era stato emesso il 3 giugno, in riferimento all'ergastolo pronunciato nel 1992. L'anno seguente, la Petrella, con la figlia Elisa, era fuggita in Francia dove aveva tranquillamente vissuto fino all'agosto 2007 lavorando come assistente sociale. Poi, l'incauta richiesta di un documento in commissariato fece scattare il dispositivo di Schengen e la procedura per l'attivazione dell'estradizione richiesta dall'Italia.

In uno stato di grave prostrazione fisica e mentale, la Petrella era stata liberata sotto controllo giudiziario ad inizio agosto per consentire ai medici di seguire il decorso del suo stato di depressione. Dopo quella decisione, la Petrella disse soltanto che nulla sarebbe cambiato fin quando non fosse stato ritirato il decreto di estradizione. «In Italia - disse - non tornerò, potranno riavere soltanto il mio corpo». In favore della sua liberazione per motivi umanitari si sono espressi in Francia numerose personalità della politica e della cultura.

Carla Bruni, consorte del presidente Sarkozy, disse che una nelle sue condizioni «va curata e non tenuta in cella». La sorella di Carla, l'attrice Valeria Bruni-Tedeschi, è stata fra le pochissime persone alle quali è stato consentito di visitare la Petrella, durante l'estate.

 

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