NEW YORK – Dalla teoria alla pratica: dopo innumerevoli polemiche e congetture su come riorganizzare la governance finanziaria mondiale, George W. Bush per gli Stati Uniti e Nicolas Sarkozy e Manuel Barroso, per l'Unione Europea hanno fatto ieri a Camp David il primo passo concreto verso una Bretton Woods II.

 In tempi brevi, forse entro novembre a New York, alle Nazioni Unite, sarà convocato un G8 a livello di capi di Stato e di Governo allargato a Cina, India e Brasile per discutere di riforme sistemiche per l'architettura finanziaria mondiale.
Secondo le prime indiscrezioni, all'incontro potrebbero essere invitati anche Corea del Sud, Australia, Arabia Saudita, Svizzera, Sud Africa e Messico: «Ospiterò questo incontro in tempi brevi – ha detto Bush annunciando il vertice – e vi saranno rappresentati sia i paesi sviluppati che gli emergenti. Lavoreremo insieme per modernizzare i sistemi finanziari dei nostri Paesi, per essere certi che una crisi come questa non si presenti più». « La crisi finanziaria globale e' esplosa a New York ed e' giusto che venga risolta a New York – ha detto subito dopo Sarkozy. «Insieme dobbiamo ricostruire un capitalismo che sia più rispettoso dell'uomo, del Pianeta, delle generazioni future. E dobbiamo smetterla con un capitalismo ossessionato dai guadagni di breve termine.
Abbiamo una crisi globale, dobbiamo trovare una risposta globale adatta al ventunesimo secolo».

Posizioni diverse
Posizioni queste che gia' suonano diverse. Sarkozy chiarisce che la colpa della crisi finanziaria globale è americana, di New York e dei suoi eccessi in particolare. Se gli europei mettono l'accento sul multilateralismo e sulla risposta "globale", Bush ha messo l'accento sulle riforme nei singoli paesi. E il Wall Street Journal in particolare, in un reportage degli incontri di Camp David tra Usa e Ue caratterizzato da una inusuale editorilizzazione, ha attaccato Bush per "aver ceduto alle pressioni dei leader europei eletti che hanno cercato di gettare la responsabilita' della crisi finanziaria sugli Stati Uniti, nonostante sia emersa una forte debolezza anche fra le banche europee. Sarkozy - sottolinea il WSJ - sembra aver ottenuto quel che voleva".
Sono degli esempi questi di marcate differenze di approccio, metodologia e obiettivi del negoziato e di come alcune proposte europee siano difficili da accettare per Stati Uniti e Giappone.

Le proposte europee
Il primo ministro britannico Gordon Brown ad esempio, ormai uno dei punti di riferimento per la gestione di questa crisi, soprattutto in occidente, chiede un approccio drastico alle sfide aperte dalla paralisi delle banche e dei mercati. Ha proposto una riforma del sistema capitalistico mondiale, la creazione di nuovi meccanismi per controllare le posizioni delle prime trenta banche mondiali. Vuole maggiore trasparenza e controllo per il mercato dei derivati, legare le remunerazioni dei manager ai risultati di lungo termine, un'esperienza nella gestione del rischio per i consiglieri di amministrazione di importanti gruppi. Auspica sistemi per proteggere la liquidità delle banche e moderare allo stesso tempo la formazione di bolle speculative. Una serie di proposte molto tecniche e molto concrete dunque. Alcune, ad esempio quelle per i controlli dei compensi, coincidono con richieste analoghe già imposte dal Tesoro americano. Altre restano invece controverse. Tanto più che Sarkozy, latore anche delle proposte di Brown e, come ha detto "di 27 paesi europei che hanno gia' deciso su quale strada muoversi", nella discussione di ieri, si è spinto persino più in là: ha chiesto di discutere l'idea di un nuovo sistema sistema valutario e di riformare le agenzie per la valutazione del credito. Del resto il punto centrale degli accordi di Bretton Woods, stabilì la parità del dollaro in un sistema a cambi fissi che resse fino al 1971, quando si passò a un sistema di cambi flessibili. Che una Bretton Woods II punti a un regime di cambi fissi o comunque controllati? Possibile. Per questo quelle europee di sabato restano proposte rivoluzionarie, che l'America debole di Bush ascolta anche se le accoglie per ora con molta prudenza. Per il diverso approccio all'idea del capitalismo sulle due sponde dell'Atlantico. Ma anche perché il Presidente Bush sarà in uscita il 20 gennaio 2009, fra appena tre mesi e già il
4 novembre, conosceremo il nome del prossimo Presidente. Per questo la Casa Bianca sa di non potersi impegnare più di tanto. L'obiettivo dovrebbe essere quello di finalizzare gli accordi entro giugno quando, al prossimo G8, ospitato dall'Italia, si lancerà il "Nuovo Ordine".

Il ruolo dell'Onu
Se Usa e Ue hanno raggiunto una prima intesa per il vertice, è stato l'Onu ad offrirsi come "padrino" dell'iniziativa: "Credo fermamente che tenere il vertice alle Nazioni Unite, il simbolo del multilateralismo, presti legittimità internazionale a questo sforzo comune per riscrivere le regole della finanza globale" ha detto ieri il Segretario Generale Ban Ki-moon. Ma le posizioni, come si è detto, per ora restano lontane sul piano della sostanza. L'America rifiuta l'idea di meccanismi che finirebbero per controllare anche le banche americane, una centralita' del multilateralismo e l'imposizione di troppe regole. Alcuni ricordano che dopo gli scandali contabili di Enron e Worldcom si fece la Sarbanes Oxley che doveva evitare il pericolo di altre leggerezze o truffe. E introduceva fra le altre cose il mark to market, uno degli strumenti che all'applicazione pratica si rivelo' perverso e una delle cause della paralisi dei mercati monetari. Per questo le resistenze americane. Ma anche perche' sia questa amministrazione in uscita che quella entrante, si confronteranno con un'opinione pubblica istintivamente sospettosa del multilateralismo e dell'Onu in particolare.

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