Cieli fuori controllo
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Ispettori precari, fondi azzerati, nessuna multa. Ecco perché la sicurezza dei voli in Italia è stata bocciata
Sono un pugno di precari, il cui contratto viene rinnovato di trimestre in trimestre. E non hanno nemmeno il potere di fare multe: contano meno degli ausiliari del traffico. Eppure questi ispettori a tempo determinato devono occuparsi di un traffico molto più complicato: quello che avviene nei nostri cieli. La sicurezza di oltre 100 milioni di viaggiatori dipende infatti da una manciata di ispettori con contratto a termine: sono solo in trentasei, mentre le compagnie aeree continuano a spuntare come funghi e sempre nuovi scali vengono ad aggravare una situazione già congestionata. In realtà di ispettori dovrebbero essercene 48, come prevede l'organico dell'Enac, l'Ente nazionale aviazione civile. E dovrebbero essere tutti iperqualificati: ingegneri e piloti veterani. Ma l'ultimo rapporto della Corte dei Conti elenca una situazione raccapricciante: "Posti previsti 48, posti coperti 0". In realtà, persino i supervisori precari sono già scaduti: da maggio un terzo di loro tira avanti con le proroghe. Possibile che l'Italia, una delle capitali mondiali del turismo e crocevia delle rotte aeree, non trovi i fondi per assumere in pianta stabile degli ingegneri a cui affidare le verifiche su mezzo milione di aerei? Possibile che la terribile lezione del disastro di Linate, il più grave incidente in Europa degli ultimi anni con 118 morti, sia già stata dimenticata?
È la stessa domanda che si sono posti gli inviati dell'Icao, l'organismo mondiale dell'aviazione civile. Senza riuscire a trovare risposte. A fine maggio una delegazione internazionale ha fatto il check up del nostro sistema aeronautico e ha bocciato la rete dei controlli. "Troppe poche persone e fondi troppo scarsi per vigilare su così tanti aeroporti e così tanti voli", hanno anticipato gli esperti dell'Icao nel briefing conclusivo a cui seguirà una contestazione formale. Con un altro rilievo sorprendente: perché in Italia non sono previste multe per chi non è in regola? Se una persona viaggia in auto con le gomme lisce si becca una sanzione salata, ma se ad essere lisci sono i pneumatici di un Airbus non si rischia nulla. Gli ispettori possono ordinare di sostituirli, cosa che comunque prima o poi sarebbe stato necessario fare. Ma niente punizioni, né pecuniarie, né tantomeno penali. Ammesso che i difetti vengano scoperti: come ha potuto verificare 'L'espresso' in un terminal del Nord, ogni ispezione su un aereo straniero dura circa 20 minuti. I poteri sono minimi: il supervisore può solo esaminare i documenti dei piloti, accertare la presenza dei manuali di bordo e giudicare 'le condizioni apparenti del mezzo'. Se c'è qualcosa che non va, si intima di metterla a posto e tanti saluti. Di questi 'controlli di carta' nel 2005 l'Enac ne ha fatti 880, quest'anno prima dei tagli si voleva arrivare a mille. Ma servono a qualcosa? Fanno paura ai vettori seri, che temono la pubblicità negativa. Oggi però i cieli pullulano di charter improvvisati e di low cost dell'ultima ora, spesso basati all'Est, spesso senza nemmeno un jet di proprietà: padroncini dell'aviazione e compagnie di ventura, che nascono e spariscono nel giro di pochi anni. Negli hangar poi prospera il mercato dei 'ricambi sospetti': pezzi di seconda mano o prodotti con materiali di poco conto copiando gli originali. Un business tanto ricco quanto pericoloso per la sicurezza, che in Italia rischia di avere trovato il suo paradiso: oggi negli Stati Uniti chi installa questi apparati inaffidabili rischia l'ergastolo, nel nostro paese i gestori del più grande traffico di parti taroccate se la sono cavata con una condanna a pochi mesi.
Rotta di collisione A fronte di questi controlli ridotti all'osso, cosa succede sopra la nostra testa? Una lunga catena di problemi, almeno a leggere il dossier Ansv. In pista o ad alta quota c'è poco da stare tranquilli. Nei cieli sono stati registrati almeno 25 episodi di una certa serietà. A Brindisi, uno snodo delle rotte mediterranee, tre jet carichi di passeggeri si sono trovati a convergere sulla stessa rotta. E il rischio di impatto si è ripetuto per ben due volte in una settimana: il 25 settembre e il 2 ottobre ci sono stati più Boeing incanalati sullo stesso corridoio tra le nuvole. Ancora più preoccupante è la situazione negli aeroporti, dove sembra che la strage di Linate non sia servita a nulla. Da allora l'Enac ha impartito direttive severe sui movimenti a terra degli aerei. Che spesso sono rimaste lettera morta: lo scorso anno per 31 volte dei velivoli hanno rischiato la collisione in pista, con sei casi molto gravi. Scrive l'Ansv: "In molti scali mancano sistemi anti-intrusione, cioè quelli che servono a impedire che due aerei si trovino sulla stessa pista". C'è poi una questione, che può apparire banale, ma invece è determinante: "L'Agenzia ha rilevato l'esistenza di problemi di comunicabilità in occasione della gestione di situazioni anomale o di emergenza. In particolare, piloti e controllori del traffico aereo oltre a non ricorrere alla fraseologia standard prevista per le circostanze, hanno a volte dimostrato una inadeguata conoscenza della lingua inglese. Parrebbe quindi opportuno incrementare il livello minimo di conoscenza della lingua inglese per le varie figure che professionalmente operano nel trasporto aereo".
Cattive compagnie A complicare questo panorama contribuisce il moltiplicarsi dei vettori, italiani e stranieri, con una prevalenza di compagnie dell'Est. Dove può anche accadere che a bordo ci sia una vera Babilonia di lingue diverse e non riescano a capirsi nemmeno in cabina: "L'apertura del mercato del lavoro a piloti di varie nazionalità ha innescato a livello di cabina, problemi di comunicabilità tra i membri dell'equipaggio, a causa di una conoscenza non sempre ottimale o per una non ottimale conoscenza della lingua nazionale dell'esercente". Oggi in Italia operano una miriade di queste nuove frecce d'Oriente. Ci sono due low cost ceche, due polacche, una romena, una bulgara e persino una albanese. Quest'ultima compagnia, tra l'altro, non possiede aerei: ha noleggiato un Fokker 100 dell'Air Adriatic croata, vecchia gloria dei charter adriatici. Lo scorso anno decollava per conto della Myair, finché i disservizi non hanno costretto la compagnia a basso prezzo nostrana a 'licenziarla'. Pochi mesi dopo, ed ecco lo stesso jet ripresentarsi sulle stesse piste, anche se con colori diversi. Viene citato poi l'esempio della Hemus, linea privata bulgara: un anno fa è stata bandita dalla Svizzera, ma è sempre rimasta benvenuta in Italia, con voli propri o altri per conto terzi. Proprio questi subappalti, detti Wet Lease, creano grande allarme e proteste dei viaggiatori, che al posto della compagnia prescelta si ritrovano a bordo di charter dell'Europa orientale. Nel 2004 l'Ansv ha chiesto controlli più severi su questi contratti "che potrebbero prestarsi a elusione delle disposizioni sugli aeromobili nazionali".
ha collaborato Piero Messina