di Roberta Carlini
Le grandi città italiane sono soffocate dal traffico. Che fare? Molti sindaci pensano a pedaggi di ingresso. Ecco in che modo
A Milano Letizia Moratti vuole far pagare un ticket a ogni automobile che entra in città. A Bologna si può entrare nel centro storico a pagamento, al prezzo di 3 euro al giorno, ma al massimo per tre volte al mese. A Genova si studiano 'crediti di mobilità', Venezia pensa a ticket per i turisti, mentre Firenze, che si prepara ad anni di cantieri per ripristinare il vecchio tram, per disincentivare i pendolari in auto tenterà la carta dei parcheggi a pagamento ovunque. Trent'anni dopo il primo esperimento-pilota di Singapore, a tre anni dalla rivoluzione di Ken il Rosso a Londra, anche nelle nostre città sbarca, tra mille cautele e altrettante polemiche, la politica del 'road pricing': vale a dire, dare un prezzo alle strade. Soprattutto a quelle delle zone sensibili delle città, che ogni mattina e ogni sera milioni di forzati dell'auto percorrono a motori, aria condizionata e autoradio accesi, e contachilometri tendenzialmente fermo. Una politica cara alla Banca mondiale come alla socialdemocrazia scandinava, bocciata qualche anno fa dagli abitanti di Edimburgo e oggi approvata da quelli di Stoccolma; una politica che in Italia suscita appetiti e diffidenze trasversali: come trasversali sono il mal di traffico, il bisogno dei comuni di fare cassa, il terrore della fuga dell'elettore motorizzato.

Milano da pagare La paura dell'impopolarità sembra aver prevalso finora, se è vero che i piani per i vari road pricing sono sempre rimasti nei cassetti. Così è successo per lo studio della giunta Albertini, che ipotizzava un sistema di ticket per Milano su tre possibili zone (dalla più piccola alla più grande: nella cerchia dei Bastioni, all'interno della circonvallazione, o l'intero territorio comunale) e tre potenziali pedaggi: 1, 2 o 3 euro. Non se ne fece nulla. Moratti ha raccolto il testimone, e annunciato l'avvio del ticket per Milano dal gennaio 2007. Il ticket riguarderà solo i non milanesi che ogni giorno entrano in città; si pagherà sull'intero territorio comunale (181 chilometri quadrati: per fare un paragone, a Londra l'area a pagamento è di 21,5 chilometri quadrati); salverà i veicoli non inquinanti. Altri dettagli saranno precisati - dicono - a breve, e tra essi quello cruciale: quanto costerà l'ingresso a Milano? Lo studio dell'era Albertini poneva come tetto massimo 3 euro, e prevedeva che, con quella cifra, il calo del traffico sarebbe stato solo del 7 per cento e la riduzione dell'inquinamento del 2. Un po' poco, per una misura che secondo il sindaco non va intesa come 'road pricing', ma come 'pollution charge': tassa anti-inquinamento.

La distinzione non è una sottigliezza per economisti. Inquinamento e congestione vengono insieme, ma non è detto che combattendo l'uno si elimini anche l'altra. Se tutte le auto per un colpo di bacchetta magica diventassero elettriche, le emissioni si ridurrebbero, ma le strade si intaserebbero lo stesso. Con tutti gli sprechi che questo comporta: almeno 4 miliardi di euro l'anno, secondo una simulazione fatta dal centro studi Trt Trasporti e Territorio.

"Se vuoi colpire l'inquinamento, è meglio tassare i carburanti che non l'occupazione del suolo", commenta Andrea Boitani, economista della Cattolica. Che critica la proposta Moratti soprattutto per la scelta di far pagare solo i non residenti: "Si tornerebbe a una concezione medievale di città: come se i 530 mila provinciali che entrano ogni giorno a Milano inquinassero di più dei 900 mila milanesi che si spostano nel comune. Di fatto, è una tassa sui non votanti", conclude Boitani.

Più possibilista sulla proposta milanese è invece Legambiente, che plaude al principio del road pricing, ma avverte: perché sia efficace ed equo, deve funzionare davvero da disincentivo all'uso dell'auto e non solo per incassare soldi. A quanto pare, 3 euro in più al giorno non bastano; perché ci sia una vera riduzione del traffico a Milano, sostengono a Legambiente, servono tre ticket progressivi, da pagare entrando in ciascuno dei tre cerchi concentrici: così lo pagherebbero tutti, e per chi arriva in centro da fuori comune sarebbero ben 6 euro. Si potrebbero incassare 260 milioni all'anno: da destinare al trasporto pubblico, chiede l'associazione ambientalista.
Modello Bologna Sarà una Moratti a introdurre il primo ticket cittadino anti-petrolifero in Italia? Nell'attesa, un piccolo antipasto si è già avuto, ad opera della giunta Cofferati a Bologna. Ma è un road pricing anomalo: si paga per entrare in una zona altrimenti vietata, una Ztl (zona a traffico limitato), aperta di regola solo ai residenti e titolari di permessi vari. Quindi, di fatto, il ticket più che ridurre, vedrebbe aumentare il traffico. "Non è così. Noi abbiamo per prima cosa varato la Ztl e messo i varchi a controllo elettronico, ottenendo una riduzione del 20 per cento di auto nel centro. Poi abbiamo introdotto anche le tariffe per i veicoli commerciali ed esteso i parcheggi a pagamento", dice l'assessore alla mobilità Maurizio Zamboni. E il ticket? "Una forma di flessibilità, sono solo tre ingressi a pagamento al mese". Da giugno, si sono contati un'ottantina di ingressi pagati al giorno. Zamboni racconta di aver studiato Londra, Oslo, le altre realtà di città tariffate: "Ogni città ha le sue esigenze, per noi il meccanismo delle autorizzazioni è più utile". L'assessore non esalta il modello del sindaco di Londra, Ken Livingstone, e minimizza il ruolo dei suoi ticket: "Non è mica tanto progressista il principio per cui se paghi puoi inquinare".

Autorizzazioni contro ticket: a prima vista, la differenza tra il sistema 'entra chi ha diritto' e il sistema 'entra chi paga' è abissale. Così come succede nel dibattito sulla compravendita dei diritti di inquinamento, molti sostengono che così si premiano i ricchi: chi risiede in centro, e chi può permettersi di comprare l'accesso in auto. "È vero, ma tutti i beni scarsi hanno un prezzo", risponde Boitani: "Poi si può intervenire per compensare le disparità: sulla tassazione degli incrementi di valore degli immobili nelle zone liberate dalle auto, sulla destinazione delle risorse al trasporto pubblico, su tutte le alternative al trasporto in auto". E non è detto che alla fine si trovino i ricchi su Suv strombazzanti e i poveracci attaccati al tram: in molte città con road pricing, l'effetto è stato diverso se non opposto. Purché le risorse di chi paga per stare in auto siano destinate in qualche modo a chi viaggia in metro o bus.

Roma a forfait Ma a ben vedere, anche dentro il sistema delle autorizzazioni e delle Ztl, la questione del prezzo torna spesso. A Roma, i permessi per entrare nella Ztl - sei chilometri quadrati risicati qua e là all'interno delle Mura Aureliane - si pagano con un forfait annuale: salirà fino a 500 euro e rotti l'anno prossimo, potranno comprarlo solo gli appartenenti a determinate categorie (l'elenco non è breve), in alcuni casi è necessario dimostrare di avere un posto-sosta. I residenti nel cuore di Roma restano esentati, ma da tutta l'operazione di rincaro dei permessi il Comune conta di ricavare contemporaneamente una riduzione del traffico e un aumento degli incassi: tra i 10 e i 14 milioni di euro, si stima (contro i cinque attuali). Quanto ai ticket in senso stretto, per ora Roma non ne vede all'orizzonte, mentre si estendono sempre più i parcheggi a pagamento.

Speedy Firenze "Un ticket d'ingresso per Firenze?". Prima di rispondere, il vicesindaco Giuseppe Matulli dà la lista di tutti gli interventi di qui al 2010: la costruzione della tramvia, la ferrovia di superficie 'liberata' dall'Alta velocità sotterranea, l'allargamento progressivo della sosta a pagamento per i non residenti. Tanto progressivo che dovrebbe coprire l'intera area cittadina. Chiaro il messaggio per i city users (i pendolari): lasciate la macchina fuori, che qui vi costa troppo. E a quel punto "magari lungo le direttrici dei cantieri della tramvia, che terranno occupata la città per parecchi anni, potremo avere delle forme di ticket", dice Matulli. Perché "la città non la possono pagare solo i residenti, visto che la vivono tutti". A partire dai turisti, ogni torpedone paga 320 euro al giorno.

Genova per tutti "Non possiamo consegnare le città al caos; e quello delle tariffe è sicuramente un sistema per governare il traffico", sostiene Arcangelo Merella, assessore ai Trasporti di Genova. Sotto la Lanterna due anni fa si è cominciato a sperimentare, in via del tutto virtuale, un sistema di tariffazione del centro, simulando cosa poteva succedere introducendo un ticket d'accesso di 2 euro in una zona che grosso modo sta tra Brignole e Principe (di fatto, l'attraversamento della città). La riduzione stimata del traffico è stata del 30 per cento. Da quell'esperimento sono venute fuori due proposte: o un tradizionale meccanismo di ticket, oppure un sistema di 'crediti di mobilità'. Vale a dire: ogni genovese ha un suo budget di crediti da spendersi per attraversare la città. Se non gli bastano, può comprarne altri (finché ce ne sono); ma se li risparmia, li può vendere al Comune in cambio, ad esempio, di biglietti dell'autobus. Il costo di ogni attraversamento del centro varierebbe in base al traffico. Il tutto, con una scatoletta da mettere in macchina e un sistema satellitare di informazione e controllo. Qualcosa di simile a quanto hanno sperimentato in Germania, dove tutti i camionisti hanno a bordo una scatoletta che fa pagare le strade in proporzione al livello di congestione. Nei primi tempi, inghippi elettronici e truffe dei camionisti hanno fatto temere il flop del sistema, ma adesso pare che il Grande Fratello anti-traffico stia entrando a regime. Quanto a noi, a Genova il discorso si è inabissato come un fiume carsico nell'attesa del voto. Il sindaco uscente Giuseppe Pericu, che si prepara a consegnare tutto il pacchetto sui 'crediti di mobilità' al suo successore, è cauto: "La fase sperimentale non è ancora conclusa, la gente deve ancora convincersi dell'utilità di questo strumento". Ma prima o poi, sostiene, il road pricing arriverà nelle nostre città: "È una tendenza irreversibile, le condizioni della mobilità oggi richiedono interventi di tariffazione o chiusura del traffico privato per intere zone".
Nell'attesa, un dato indicativo sulla nostra inclinazione a pagare l'uso delle strade c'è: la multa. Da quando hanno messo i varchi elettronici a Bologna hanno fatto 120 mila contravvenzioni al mese. A Firenze ormai costantemente si registrano 382 mila attraversamenti illegali dei varchi all'anno, a Milano addirittura ne contano 570 mila. A Roma il ritmo è di 2 mila al giorno. Insomma, migliaia di persone ogni giorno rischiano o prendono multe salatissime pur di non mollare l'auto. Cifre alla mano, sarebbero incassi dai 10 ai 35 milioni all'anno per città. Una specie di road pricing all'italiana.

Da Singapore a Stoccolma

di Marco Ratti
Singapore L'idea viene dall'Estremo Oriente e in 31 anni si è diffusa un po' ovunque: combattere il traffico cittadino e l'inquinamento alleggerendo il portafoglio di chi vuole raggiungere il centro in auto. L'ultima arrivata è Stoccolma, che ha approvato il piano con il referendum del 17 settembre. Ma la prima è stata Singapore (foto a sinistra). Nel 1975 la città asiatica decise di contrastare gli ingorghi stradali e le emissioni di gas spingendo gli abitanti ad andare al lavoro con i mezzi pubblici. Il sistema si è evoluto negli anni e oggi è tra i più sofisticati. Il pedaggio va da 1,5 a 2,5 euro circa e si paga dalle 7,30 alle 19 o dalle 7,30 alle 9,30 a seconda delle zone (gratis il sabato pomeriggio e la domenica). L'addebito su una tessera magnetica prepagata è automatico al passaggio della vettura. Un disincentivo notevole, tant'è che raggiungere il quartiere degli affari con la macchina nell'ora di punta costa più di un biglietto della metro. E i risultati non mancano: la velocità media è aumentata del 20 per cento e l'inquinamento è diminuito.

Oslo In Europa l'apripista è stata Oslo, il 1 febbraio 1990. Chi desidera entrare nella capitale norvegese in auto deve passare per uno dei circa 20 caselli intorno alla città e pagare quasi 2,5 euro. Non ci sono giorni o fasce orarie escluse. La maggior parte dei fondi raccolti è investita nel trasporto pubblico. Anche qui ora la viabilità è migliorata. Sempre più persone usano le piste ciclabili e il traffico è sceso del 10 per cento. Altre due città norvegesi, Bergen e Trondheim, hanno preso provvedimenti simili.

Londra Nel febbraio 2003 l'idea ha attraversato la Manica. A Londra, il sindaco Ken Livingstone ha introdotto la 'congestion charge', una tassa in vigore dal lunedì al venerdì dalle 7 alle 18.30. Oggi andare in centro in auto costa quasi 12 euro al giorno (i residenti hanno uno sconto del 90 per cento). La zona interessata è grande una ventina di chilometri quadrati, ma Ken il Rosso sembra intenzionato a raddoppiarla entro il prossimo febbraio. Secondo il Comune, il traffico è calato del 18 per cento e le micropolveri del 10. Ora il primo cittadino starebbe studiando il progetto milanese di 'pollution charge' per introdurre qualche novità. I soldi raccolti saranno investiti interamente nel trasporto pubblico. L'idea di far pagare per raggiungere i centri città fa proseliti anche negli Stati Uniti. Sulle corsie veloci della Interstate 15 intorno a San Diego, California, è stato introdotto un pedaggio per chi viaggia da solo. Il prezzo va da mezzo dollaro a quattro a seconda del traffico. Alcuni sensori sulla strada indicano quanti veicoli stanno circolando in quel momento e dei cartelli segnalano la relativa tariffa.

Stoccolma Come si diceva, la capitale svedese è l'ultima arrivata. Dopo sette mesi di prova, gli abitanti di Stoccolma hanno approvato con un referendum il ticket d'accesso al centro (il 53 per cento ha votato a favore). La decisione è ora in mano al consiglio comunale e al Parlamento, che si erano già detti pronti ad adeguarsi alla volontà popolare. Il prezzo per entrare in città nel periodo di sperimentazione era compreso tra 1 e 2 euro a seconda dell'orario, con un limite massimo di 6 euro al giorno (gratis il weekend e la notte). In sette mesi le emissioni di anidride carbonica sono scese del 14 per cento ed è sparita una macchina su cinque.