Roberto Castelli 

 

Sostiene che si è trattato di un «mero errore materiale». Insomma, si sono sbagliati a scrivere che sulle intercettazioni, venerdì, si sarebbe emanato un decreto legge. Ma guarda caso, Berlusconi parla dell’errore solo qualche minuto dopo che il presidente Napolitano ha chiaramente bocciato l’ipotesi.

 Una nota del Quirinale, infatti, spiegava che Napolitano nei giorni scorsi auspicava «una larga intesa sulla formulazione del provvedimento» parlando esplicitamente di «un disegno di legge approvato dal consiglio dei ministri» e della «discussione in Parlamento».

Insomma un freno alla smania del governo di fare tutto e subito, alla faccia del dibattito parlamentare. La notizia aveva destato sorpresa anche all’interno della stessa maggioranza. Per le nuove norme sugli strumenti delle indagini giudiziarie, infatti, si era parlato finora di un disegno di legge, che desse il tempo di esaminare con calma una questione così delicata. «È un'assoluta novità – ammetteva il sottosegretario leghista Roberto Castelli – A questo punto vediamo cosa c'è scritto, sono anche io curioso di vedere».

Potrebbe infatti essere proprio la Lega creare ostacoli al progetto di Berlusconi. Sin dall’inizio il Carroccio ha chiesto che tra le materie in cui le intercettazioni sono autorizzate ci fossero anche le inchieste su corruzione e concussione. E Berlusconi li ha accontentati solo in parte: il premier ha annunciato mercoledì che nel disegno di legge saranno permesse intercettazioni solo per le indagini su reati che prevedono pene superiori ai dieci anni. Esclusa quindi la corruzione (quella semplice prevede una pena massima di cinque anni, mentre per quella in atti giudiziari è di otto), mentre rientra il reato di concussione, dove la sanzione massima arriva a dodici anni.

Era immediatamente sbottato anche il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro: «Se hanno deciso di fare un decreto legge anziché un disegno di legge per riformare il sistema delle intercettazioni una ragione ci sarà. Mi piacerebbe sapere – insinua – qual è il processo che deve essere bloccato...».

Per il Pd aveva parlato il ministro ombra alla Giustizia Lanfranco Tenaglia: «Mi meraviglia molto – ha detto – Non mi sembra materia da decreto, non c'è nessuna urgenza». E dopo lo stop di Napolitano il partito Democratico rincara la dose definendo «inaccettabile» l'ipotesi del decreto.

Sulla questione era intervenuto anche il presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida: «Bisogna stare molto attenti ai presupposti di necessità e urgenza su cui la Corte Costituzionale ha recentemente compiuto un rigido controllo» bocciando diverse norme.

 

 

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