Un reparto medico accampato nel deserto libico durante la Seconda Guerra Mondiale. Con "Le rose del deserto", Mario Monicelli traccia un ritratto commovente e nostalgico degli italiani prima della modernità
Mario Monicelli
Ignoranti, ubbidienti, poveri, furbi, buoni: così sono i soldati italiani de 'Le rose del deserto' di Mario Monicelli. Una intensa nostalgia pervade il film, un affetto, un rimpianto per come erano gli italiani (i militari li rappresentano tutti) prima della modernità: un sentimento bellissimo e dolce assai raro per un film di guerra.

Tratto da 'Il deserto della Libia' di Mario Tobino (edizioni Mondadori) e dal brano 'Il soldato Sanna' di 'Guerra d'Albania' di Giancarlo Fusco (Sellerio), il film segue nella guerra in Africa del Secondo conflitto mondiale un reparto di Sanità accampato in un'oasi del deserto libico. Tutti sono certi che vi rimarranno pochi giorni, che la guerra sia sul finire.

Gli ufficiali risultano, come tanti comandanti, irresponsabili e oziosi: il maggiore pensa soltanto alla giovane moglie e il tenente alla fotografia, un generale fascista in visita ordina la costruzione di un cimitero nella sabbia ("Bene, è fatto: adesso bisogna riempirlo"), un colonnello tedesco spadroneggia e loda il generale appena arrivato ("Questo nuovo generale come si chiama?", "Rimmel"). I soldati lavorano, giocano a dama, ascoltano sull'attenti dall'altoparlante il quotidiano bollettino di guerra, vengono bombardati e mitragliati dagli inglesi avanzanti, marciano, muoiono.

Momenti molto commoventi: un matrimonio per procura celebrato tra un morto e una lontana ragazza incinta, il maggiore ucciso e sepolto sotto i sassi, la marcia che continua. Michele Placido, nella parte di un frate domenicano che aiuta tutti, è di una bravura meravigliosa. Un ufficiale dice agli arabi, come Bush agli iracheni: "Siamo venuti qui a portare democrazia e benessere". Le rose del deserto sono concrezioni di sabbia formate e indurite dal vento: come un fiore, un gioiello.

Le rose del deserto, di Mario Monicelli con Michele Placido, Alessandro Haber, Giorgio Pasotti, Claudio Bigagli