di Germano Celant
Le altissime quotazioni raggiunte dalle opere d'arte contemporanea riducono il fare artistico a processo decorativo legato come tutti i prodotti di lusso al potere d'acquisto. Azzerandone l'autonomia e la posizione critica nei confronti della realtà
Un'opera di Jackson Pollock
La valanga di denaro cha sta travolgendo l'arte contemporanea è sintomo di una trasformazione del sistema artistico in un mercato qualunque. L'arrivo sulla scena di enormi investimenti per appropriarsi di frammenti di storia è certamente indice di un'attenzione mai registrata per la ricerca visiva, ma rappresenta al tempo stesso l'azzeramento definitivo della sua autonomia e della sua pretesa posizione critica rispetto al reale. Inoltre la potenziale acquisizione di 'qualsiasi' elaborato, di scala casalinga o monumentale, riduce il fare artistico a processo decorativo, legato - come tutti i prodotti di lusso - al potere d'acquisto.

Si potrebbe anzi affermare che l'arte, in questa corsa in cui le gallerie sono palestre dove si allenano i giovani atleti, i musei sono i ring dove vengono dichiarati i campioni, le case d'aste assegnano i grandi premi e le fiere ne diventano i distributori di feticci e figurine, è il lusso massimo, essendo ancora prodotto unico e originale che il collezionista 'indossa'.

Tuttavia rimane da sottolineare che tale apprezzamento economico, legato anche all'arrivo sul mercato di hedge funds, per le quotazioni esorbitanti e impensabili che vengono ottenute, dai 140 milioni di dollari per Pollock ai 13 milioni di euro per Warhol, riflette spesso la scomparsa, la qualità e l'importanza dell'artista, ormai valutato in una prospettiva storica che raggiunge i 50 anni. Resta da essere dubbiosi per quanto riguarda le ricerche che sono misurabili in termini di estrema contemporaneità, vale a dire sotto i vent'anni di lavoro.

Qui il gioco si fa rischioso perché sicuramente la valutazione può essere legata ad operazioni 'borsistiche', dove un intreccio tra collezionisti e galleristi, in un processo al rialzo in corso d'asta, esalta la quotazione monetaria di un 'nome' che nel tempo si può rivelare una scatola vuota o un 'junk fund'. Ma il valore economico è comunicazione e, in un mercato globale, è questa a sedurre e ingannare.