Odissea zingara
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Con una lingua emotivamente carica, il passo scabro di una fiaba crudele e una voce 'sghemba' che viene da un altrove, il romanzo 'La bambina'ci porta nel territorio limite della violenza; tema che attraversa tutta l'opera della Mehr. Al centro del racconto c'è una bambina muta che vive con i genitori affidatari in un villaggio di bigotti e di superstiziosi, spesso ubriachi, che le usano violenza, fisica e psichica. Per difesa e quasi per un suo rituale segreto, la piccola protagonista si rifiuta di parlare e da vittima si fa sua volta persecutrice. Risponde alla violenza con una contro-violenza aspra rivolta contro cose, persone e animali (li uccide con una fionda). La violenza è il solo canale di comunicazione tra lei e ciò che la circonda. Così le stimmate della sua differenza diventano man mano, e quasi spontaneamente, quelle della strega. Va di notte ad assistere, fuori dalle mura del cimitero, alla sepoltura di criminali, suicidi e non battezzati. Ama il temporale, i lampi e tutte le forze che si scatenano e distruggono. Si addormenta sotto un tasso per farsi curare dall'odore amaro e pesante dell'albero che entra nei suoi pori. Infila un ramo nel corpo di una bambola di pezza e la porta in giro come un trofeo sinistro. Il libro non è senza difetti, ma ha una tale forza di visione da far orbitare un intero mondo attorno a quel centro muto.
Mariella Mehr, 'La bambina', traduzione
di Anna Ruchat, Effigie, pp. 153, E 16