di Carla Benedetti
'La bambina' di Mariella Mehr ci porta nel territorio limite della violenza attraverso le vicende di una piccola nomade che vive con i genitori affidatari in un villaggio di bigotti e di superstiziosi
Mariella Mehr
Mariella Mehr è nata a Zurigo nel 1947 da genitori zingari. Come molti bambini nomadi nati in Svizzera tra il 1926 e il 1972, fu sottratta a forza alla madre e consegnata a famiglie affidatarie, orfanatrofi e istituti psichiatrici, secondo il programma di sendentarizzazione forzata che mirava all'estinzione del nomadismo. Come racconta lei stessa, subì violenze, stupri, elettoshock e a 18 anni, proprio come sua madre, fu privata del figlio e resa sterile. Questa esperienza traumatica ritorna in diversi suoi libri. Ma ben più che per la testimonianza sulla persecuzione subita dagli zingari, i suoi romanzi e le sue raccolte di versi si impongono per una grande potenza espressiva e di invenzione.

Con una lingua emotivamente carica, il passo scabro di una fiaba crudele e una voce 'sghemba' che viene da un altrove, il romanzo 'La bambina'ci porta nel territorio limite della violenza; tema che attraversa tutta l'opera della Mehr. Al centro del racconto c'è una bambina muta che vive con i genitori affidatari in un villaggio di bigotti e di superstiziosi, spesso ubriachi, che le usano violenza, fisica e psichica. Per difesa e quasi per un suo rituale segreto, la piccola protagonista si rifiuta di parlare e da vittima si fa sua volta persecutrice. Risponde alla violenza con una contro-violenza aspra rivolta contro cose, persone e animali (li uccide con una fionda). La violenza è il solo canale di comunicazione tra lei e ciò che la circonda. Così le stimmate della sua differenza diventano man mano, e quasi spontaneamente, quelle della strega. Va di notte ad assistere, fuori dalle mura del cimitero, alla sepoltura di criminali, suicidi e non battezzati. Ama il temporale, i lampi e tutte le forze che si scatenano e distruggono. Si addormenta sotto un tasso per farsi curare dall'odore amaro e pesante dell'albero che entra nei suoi pori. Infila un ramo nel corpo di una bambola di pezza e la porta in giro come un trofeo sinistro. Il libro non è senza difetti, ma ha una tale forza di visione da far orbitare un intero mondo attorno a quel centro muto.

Mariella Mehr, 'La bambina', traduzione
di Anna Ruchat, Effigie, pp. 153, E 16

 

 

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