di Pio d'Emilia
George Soros
Il celebre finanziere boccia l'America di George Bush
colloquio con George Soros

"Gli Stati Uniti stanno diventando una minaccia per il mondo, quasi come il Giappone degli anni '30. E c'è il rischio che prima della catastrofe politica si scateni l'apocalisse finanziaria". George Soros, il finanziere inventore dei fondi Hedge che misero in ginocchio la Banca d'Inghilterra e si è battuto contro la rielezione di George Bush alla Casa Bianca, oggi vuole essere considerato un semplice filantropo. Con la sua fondazione Open Society aiuta la resistenza birmana in esilio, i movimenti democratici nelle Repubbliche dell'Asia centrale. E molti sospettano che dietro a diversi avvenimenti dei paesi ex sovietici, come le cosiddette rivoluzioni colorate, ci sia la mano (ovvero i finanziamenti) dell'ex profugo ungherese costretto a scappare e a cambiare nome per sfuggire alla persecuzione nazista. Lui nega ogni coinvolgimento diretto, ma conferma che la fondazione è disposta ad aiutare ogni movimento democratico. Come in Georgia, dove ammette che la fondazione, con i suoi aiuti, di fatto paga lo stipendio di impiegati pubblici e polizia. In Estremo Oriente per promuovere il suo ultimo libro, 'The age of fallibility: consequences of the war on terror', l'abbiamo intervistato al Foreign Correspondent Club di Tokyo.

L'11 settembre del 2001 si trovava a Pechino e mise subito in guardia contro il pericolo di una guerra al terrore che avrebbe potuto ritorcersi contro gli Stati Uniti e i loro alleati. Oggi scatta l'emergenza nucleare della Corea del Nord. Anche in questo caso è critico con Bush?
"In larga parte sì. Intendiamoci, la comunità internazionale ha fatto bene a reagire unita contro il test nucleare. Ma la responsabilità politica del precipitare della crisi risiede nell'amministrazione Bush. Che ha sbarrato la strada al dialogo e ha vanificato la 'sunshine policy', la strategia del dialogo e del confronto illuminato. Per fortuna Pyongyang sembra ora disponibile a rilanciare il negoziato a sei".

Lei ha parlato di minaccia Usa al mondo: non le pare di aver un po' esagerato?
"Niente affatto. Gli Stati Uniti stanno perdendo l'influenza che avevano conquistato sul pianeta grazie a certi principi, che ora hanno abbandonato. L'America è diventata una nazione guerrafondaia, che provoca pericolose crisi d'identità in tutti i paesi che, come il Giappone, si erano ispirati ai suoi valori di democrazia. Dopo l'11 settembre gli Stati Uniti godevano della stessa incontestabile autorità che avevano alla fine della Seconda guerra mondiale. Solo che all'epoca la utilizzarono per ricostruire le Nazioni Unite e finanziare il Piano Marshall. Ora la usano per intraprendere guerre sbagliate come quella contro l'Iraq. Un conflitto che ormai perfino la maggioranza degli americani considera sbagliato, ma che nessuno ha il coraggio di interrompere, ammettendo l'errore".

Nel suo ultimo libro lei sostiene che proprio gli errori politici rischiano di sconvolgere i mercati.
"Gli Stati Uniti sono incapaci di fare i conti con la storia. Di chiedere scusa per tutti gli errori compiuti nel dopoguerra, compresa la sfida globale al terrore. Non si vincono le guerre, e soprattutto non si guadagna la stima della comunità internazionale, comportandosi come i terroristi. Ovvero, uccidendo gli innocenti. Il risultato è una pericolosa instabilità internazionale, dalla quale per ora l'unica a guadagnarci è stata la Cina, ma che adesso rischia di mettere in pericolo anche la sua dottrina vincente dello 'sviluppo armonioso'".

Con l'Europa che non sembra essere in grado di assumere un ruolo guida, non resta allora che puntare sulla Cina per garantire quell'equilibrio senza il quale tutto può saltare in aria da un momento all'altro?
"La Cina, come dicevo, è il Paese che più ha beneficiato della globalizzazione. È il Paese più dinamico, dove si respira energia positiva, e non solo perché, mentre le economie degli altri grandi Stati industrializzati rallentano o stagnano, quella cinese continua a crescere a livelli annui del 10 per cento. Il successo della Cina non sta solo nella capacità di difendere e accrescere il valore del renminbi, la valuta cinese; ma nella visione politica generale dei suoi leader. Sono attenti a evitare scontri e conflitti. Il loro obiettivo è la crescita del loro Paese. E senza dogmi e fondamentalismi, che sembrano aver invece conquistato le nostre società".

Eppure la Cina, nella sua ricerca di nuove fonti energetiche, è diventata una strenua sostenitrice dei peggiori regimi africani.
"È vero. Ma, ancora una volta, anche su questo problema Bush ha gravi responsabilità. È stato il presidente americano a bloccare la scalata cinese alla Unical: è stato un errore enorme. Che male c'era se l'azienda di Stato cinese acquistava una nostra compagnia petrolifera?".

Lei ha dichiarato di aver abbandonato il mondo della speculazione. Ma ha ribadito che le sue creature, gli hedge funds, non sono una minaccia alla stabilità finanziaria, bensì una garanzia di equilibrio. Sta di fatto che da un po' di tempo il valore del commercio reale è inferiore a quello virtuale. Come fanno gli imprenditori, i produttori, a non sentirsi minacciati dal mondo della speculazione finanziaria?
"Invertendo la questione. È proprio l'esistenza del mercato dei futures che protegge gli imprenditori. Perché consente loro di vendere oggi quello che produrranno domani. Le sembra poco?".