Irregolarità in oltre 500 firme. Non accolto lo stesso ricorso dei radicali contro la lista Penati Presidente

Roberto Formigoni (Fotogramma)

MILANO - Dopo il Lazio, problemi anche in Lombardia per la presentazione delle liste per le elezioni regionali.

La lista Per la Lombardia di Roberto Formigoni non è stata ammessa alle elezioni regioni per invalidità di 514 firme. Lo ha deciso la Corte di appello di Milano accogliendo il ricorso presentato dalla lista Bonino-Pannella. I radicali hanno presentato lo stesso ricorso anche contro la lista Penati Presidente, che appoggia il candidato del Pd, per insufficienza delle firme dei sottoscrittori, ma il ricorso non è stato accolto dalla Corte d'appello.

IRREGOLARITÀ - I giudici della Corte d'appello di Milano dopo un controllo formale delle firme (l'unico consentito in questa sede) ha ritenuto fondate le «doglianze» contenute nel ricorso dei radicali. Le firme risultate non conformi sono state 514 sulle 3.935 presentate. Questo comporta che le firme valide sono 3.421, un numero inferiore a quello previsto dalla legge che impone che le firme siano non meno di 3.500 e non più di 5mila. In particolare le irregolarità riguardano la «mancanza del timbro tondo sui moduli» (126 casi), «mancanza data autenticità» (121), «mancanza luogo autenticità» (229), «mancanza qualifica autenticante» (28).

LA LISTA PENATI - Sulla lista Penati Presidente, del candidato del centrosinistra Filippo Penati, erano state segnalate 173 irregolarità, ma l'Ufficio centrale ha deliberato che pur ritenendole effettive non sarebbero comunque «determinanti ai fini dell'esclusione», perché il numero di sottoscrizioni già ritenute valide è di 3.795.

«NESSUN PROBLEMA» - E se per i Radicali Roberto Formigoni «non è più candidato» alla presidenza della Regione Lombardia («Al momento non c'è più una coalizione di centrodestra». «Cade tutto il listino e tutte le liste collegate», ha detto Marco Cappato, il candidato della Lista Bonino-Pannella, anch'essa esclusa dalle regionali perchè non è stata in grado di presentare un numero sufficiente di firme), il responsabile della campagna elettorale dell’attuale governatore lombardo, l’onorevole Mario Mauro afferma che «le firme valide raccolte per la candidatura di Formigoni alla Regione sono sufficienti». «Nessun problema - ha assicurato il capogruppo del Pdl al Parlamento europeo - le firme valide che abbiamo presentato sono più che sufficienti. Abbiamo già verificato che più sentenze del Consiglio di Stato rendono irrilevanti e non più necessarie alcune specifiche che invece la Corte di Appello di Milano ha ritenuto indispensabili. Il numero di firme valide da noi presentato è dunque largamente superiore al necessario. Stiamo perfezionando - conclude Mauro - il ricorso e la Corte d’Appello non potrà che accettarlo».

CRITICHE DALL'OPPOSIZIONE - La decisione della Corte d'appello di Milano scatena le reazioni politiche dell'opposizione. «La non ammissione della lista Formigoni - spiega Vittorio Agnoletto, candidato alla presidenza della Regione per la Federazione della Sinistra - è la diretta conseguenza dell'arroganza del potere che caratterizza l'attuale guida della Lombardia». Secondo Agnoletto, infatti, «il governatore-imperatore pensava che le regole non valessero per lui, che governa da quindici anni: come il suo leader Berlusconi, anche Formigoni ritiene che la legge possa essere bypassata quando si tratta della loro coalizione». Anche per Ugo Boghetta, segretario regionale del Prc, l'esclusione della lista di Formigoni rappresenta «un fatto assolutamente emblematico. Vorrebbero continuare a governare la Lombardia, ma ormai - precisa in una nota - sono incapaci persino di presentare una lista con le firme in regola». I consiglieri regionali del Pd, Giuseppe Civati e Carlo Monguzzi ricordano infine che «già giovedì scorso, quando nel centrodestra si discuteva ancora su chi dovesse entrare nel listino - fanno sapere - abbiamo fatto notare che ci sembrava impossibile che sarebbero riusciti a raccogliere le firme regolarmente in una sola giornata di tempo, dato che sabato si sarebbero chiuse le liste». Critico anche il capogruppo Pd in Consiglio regionale, Carlo Porcari: «Se Pdl e Lega avessero accettato di cambiare la legge elettorale - spiega - si sarebbe evitato questo pasticcio e anche i radicali sarebbero in corsa». Per questo, secondo Porcari, «Chi è causa del suo mal pianga se stesso».

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